Il turismo rurale è storicamente stato considerato come una risorsa importante, fino dagli anni cinquanta, per i territori europei in quanto capace di promuovere lo sviluppo socioeconomico delle zone svantaggiate, riuscendo altresì a ridurre l’emigrazione e a creare occupazione.
Ma cosa s’intende per turismo rurale, agriturismo, turismo all’aria aperta, turismo verde e via definendo? Quella che appare la distinzione più logica, anche se siamo su un terreno assai infido, si basa sui diversi elementi costitutivi dell´offerta, in base alla principale attività specifica. Ecco quindi che si parlerà di turismo rurale quando la cultura rurale rappresenta una componente importante dell´offerta stessa e di agriturismo come di una forma di turismo rurale che presenta caratteri particolari nell’organizzazione dell’offerta, essendo connessa all’azienda agricola.
Diviene perciò intuitivo che i resort, i grandi complessi alberghieri o residenziali, le stesse piste da sci, solo con fatica possono essere ricomprese in tali concetti. E’ vero peraltro che le profonde trasformazioni che hanno colpito negli ultimi decenni le aree rurali sono andate a modificare in maniera sostanziale la tradizionale struttura economico-sociale. Chiaramente con il trascorre del tempo gli stili di vita e di consumo hanno subito un mutamento sostanziale e l’aspetto rilevante è stata la maggiore importanza, divenuta oggi un vantaggio competitivo in termini di marketing turistico, della caratterizzazione dell’ambiente e del paesaggio, la sua specificità.
Va poi osservato che lo spazio rurale attuale risulta composto da una pluralità di attività economiche (turismo, artigianato, ristorazione, produzione e vendita di prodotti tipici, per enumerarne soltanto alcuni), il che ha permesso il rafforzamento e l’implementazione dell’offerta del turismo rurale nelle sue due componenti principali: l’agriturismo e i prodotti agroalimentari locali. Nello stesso tempo si è rafforzata nel territorio l’identità locale e il sentimento di appartenenza alla comunità, insieme a una maggiore consapevolezza delle opportunità di sviluppo offerte da un uso sostenibile e integrato delle risorse locali. Fatto che sta permettendo la valorizzazione delle risorse culturali, ambientali ed economiche dell’area, recuperando risorse che rischiavano di scomparire o di degradarsi. Nei casi migliori si sta assistendo ad una riqualificazione del territorio grazie alle nuove infrastrutture e all’introduzione di servizi sia per le imprese sia per la popolazione.
Uno degli aspetti precipui dell’offerta turistica rurale è infatti il contatto personalizzato, di basso impatto viene da dire, del visitatore, privilegiando la dimensione culturale e valoriale dell’interscambio. Il che non deve far pensare a qualcosa di noioso o poco divertente, anzi. La componente ludica, ricreativa e del benessere (il wellbeing di cui tanto si parla), restano parte integrante del desiderio di un turismo al di fuori dei grandi flussi. Di turismo infatti non si muore, ma si può stare male. E gli esempi li abbiamo di fronte agli occhi in tutto il mondo. Fenomeni di speculazione interna ed esterna, sopravalutazione delle capacità di accoglienza, acquiescenza alla logica del profitto delle istituzioni locali, degrado ambientale, scomparsa dell´elemento umano, sono fenomeni non certo rari. Ecco allora che, in questa prospettiva, il turismo rurale può essere addirittura una risorsa in grado di garantire la tutela dei siti e dei modi di vita, a beneficio sia degli abitanti che delle future generazioni (anche di quelle urbane).
Va tenuto presente però che il successo delle attività legate a tale tipologia di turismo è riconducibile sia al contesto che alla capacità organizzativa e produttiva del territorio nel suo insieme e delle singole aziende che compongono l’offerta locale. E’ innegabile infatti la crescita della domanda, il che ha favorito la comparsa di un´offerta turistica maggiormente diversificata a livello locale. Il problema è che si tratta di una domanda estremamente eterogenea, da identificare e in funzione della quale adattare il ventaglio dei servizi offerti.
Molto spesso manca però la volontà di innovare, con le aziende che commettono l’errore di concentrarsi su ciò che a loro è più vicino, il prodotto, piuttosto che allargare il proprio campo visuale fino a includere i bisogni e i desideri della domanda.
Diventano perciò imprescindibili una serie di processi di riorganizzazione locale in modo da realizzare piena sinergia fra il livello collettivo (il territorio nel suo insieme) e quello aziendale. Rientrano ad esempio nel primo la costruzione di itinerari del vino e dei sapori, a cui corrispondono iniziative comuni di valorizzazione sul versante privato.
Va quindi superata la vecchia impostazione della concorrenza a livello di settore, quella costituita dalle imprese che offrono al mercato un prodotto o una classe di prodotti caratterizzati da un elevato grado di sostituibilità. Proprio grazie alla peculiarità territoriale e facendo fronte comune si può ovviare ad un particolarismo fuori dal tempo e dal mercato.
Va comunque ricordato che, in ogni caso, il turismo rurale non è una panacea in grado di risolvere i problemi di emarginazione economica e sociale di numerose zone extra urbane, ma un’attività da inserire in maniera coordinata e possibilmente armoniosa all’interno di un modello integrato di sviluppo rurale. E a dire il vero non costituisce in sé una categoria specifica di turismo, come prima accennavamo.
Negli ultimi anni abbiamo poi assistito a un incremento dell’offerta di prodotti turistici rurali in senso ampio, anche se vi è una disomogeneità a livello geografico con il sud dell’Europa che registra ancora una carenza di offerta di servizi turistici elaborati. E soprattutto strutturati sul mercato, al di là di nicchie che vanno ad ricadere anche nel comparto del turismo sociale. In molti, troppi casi i proprietari di strutture turistiche al di fuori dei grandi flussi attendono il cliente, confidando in iniziative pubbliche di promozione. La stagionalità poi è ancora un limite forte ad un’occupancy spalmata su più ampi periodi. La conseguenza è che, in molte zone, il turismo rurale si rivela un prodotto a scarso valore aggiunto.
Anche perché c’è un problema di fondo: se è vero che ci sono grandi fasce di clientela individualista, poco incline a lasciarsi ingabbiare nel mondo dei pacchetti turistici (sempre più si parla, anche da parte dei T.O. più conosciuti di dynamic packaging), è altrettanto vero che è difficile presentare sul mercato un’offerta organica proprio per il fatto che i prodotti in questo comparto devono soddisfare criteri che ne rendono assai difficile la standardizzazione. Segmenti di clientela caratterizzati da desiderio di autonomia, di accoglienze relazionali, di maggiore arricchimento, di contatto diretto, di soggiorni brevi magari in prossimità dei luoghi di residenza o delle seconde case. Ecco che ne deriva necessariamente un tipo di offerta a carattere quasi artigianale e molto personalizzata.
Un modo per uscire dall’impasse è adottare alcuni accorgimenti all’interno di un’esigenza imperativa che è quella della qualità. Inseguire tendenze come il ribasso dei prezzi come nell’all inclusive sarebbero una strategia perdente. La direzione da seguire è quella opposta, curando il posizionamento della propria offerta, trattandosi di un prodotto di scoperta, e puntando in maniera decisa sulla destagionalizzazione.
Un prodotto turistico di qualità superiore punta più sull´aspetto emozionale che sul consumo; sulla personalizzazione (il che dovrebbe consentire di gestire al massimo gruppi di una quindicina di persone); sulla caratterizzazione dell’accoglienza e della ricezione; sull’alto livello dell’ambiente e della tradizione enogastronomica. Qui uno dei valori aggiunti sono le relazioni umane. E se si riesce anche a proporre un’offerta diversificata e segmentata tanto meglio. Bisogna comunque evitare la monoproduzione: va infatti ricordato che non esiste una sola clientela, ma diversi segmenti di clientela, ognuno con le sue specifiche esigenze. Il che non vuol dire di inseguire prodotti complicati, anzi è l’opposto: meglio optare per prodotti semplici ma flessibili, in grado di offrire attività diversificate che permettano ai clienti di costruire il proprio soggiorno in funzione dei gusti personali.
Il che sottintende anche un’opera necessaria su tutta la popolazione perché la qualità dell´accoglienza turistica riguarda l´insieme degli abitanti. Ecco che la condizione preliminare diventa quella dell´informazione e della sensibilizzazione, naturalmente adattata alla cultura locale.