La scuola rappresenta uno dei tanti sottosistemi sociali e quale sistema l’insieme degli elementi che la compongono sono tra loro connessi, si scambiano informazioni, si ultimano, dipendono l’uno dall’altro per la loro sopravvivenza e la loro crescita.
Oggi la scuola è considerata un’azienda il cui scopo non è di produrre o scambiare beni o servizi, bensì di creare i presupposti per l’avvio alla vita sociale, al lavoro, all’integrazione delle diverse generazioni di un Paese. Come tutte le altre aziende è un sistema aperto in quanto essa trasmette esperienze e informazioni all’esterno e contemporaneamente ne riceve dall’esterno. Far parte di una tale organizzazione non è facile ma è stimolante : i piccoli esseri che si accingono verso il lungo cammino della realtà “scuola” a partire dai tre anni fino ad arrivare all’età ritenuta adulta sono una continua sfida, un continuo mettersi in discussione, la prova che l’uomo non è assolutamente materia da foggiare ma è una risorsa rinnovabile e in continua e incalzante metamorfosi.
Da un punto di vista giuridico dalla scuola oggi non è escluso nessuno: disabili fisici, mentali, sociali, stranieri, adulti di ogni età. Perché si è voluto sottolineare “giuridicamente”? Perché fare una legge è giusto e sotto certi aspetti non è nemmeno molto complesso, ma, il difficile è l’aspetto pratico dell’attuazione. In tutto questo contesto è facile lavorare con ragazzi normodotati pronti a partecipare con entusiasmo al lavoro scolastico, la vera sfida è quella dei “casi difficili” alunni diversabili che spesso celano grandi potenzialità che solo attraverso un lavoro lungo, impegnativo, regolare, paziente e instancabile è possibile tirare fuori tutta la loro vera identità scolastica.
Il diversabile, è titolare di diritti alla pari di ogni altro ma, vive in un mondo “diverso”, una realtà che molto spesso si scontra con l’indifferenza del mondo dei cosiddetti “normodotati”. L’inserimento della persona disabile nella scuola ha un doppio effetto: da una parte dà la possibilità di conoscere se stesso e le proprie potenzialità e dall’altra attenua l’ignoranza e l’indifferenza degli altri nei suoi confronti. Spesso l’essere umano non accetta la diversità perché non la conosce da vicino, perché ignora realtà diverse dalle proprie, perché non si sente all’altezza di esperimentare sistemi di comunicazione alternativi. In fondo l’ignoranza è madre di atteggiamenti negativi quali l’indifferenza e la discriminazione: basterebbe tendere la mano e scoprire il piacere di dare felicità.
A volte nella scuola osservo i ragazzi che si organizzano per i loro compagni diversabili, fanno a turno per aiutarli e li difendono qualora fosse necessario. Il mestiere dell’insegnante dà la possibilità di trasmettere esperienza a chi è più piccolo, ma quante volte osservando i ragazzi si acquisisce la consapevolezza della loro grande capacità di amare e di comunicare; inoltre ho notato che la comunicatività è particolarmente marcata nei momenti in cui non si fa la lezione tradizionale. E’ chiaro che durante le lezioni ogni alunno è preso dal fatto di fare attenzione ed egoisticamente si chiude nel suo guscio per tutelare i propri interessi ma, nei momenti di libertà esprime tutto se stesso per vivere in modo integrato tra i compagni. La scuola è un luogo d’integrazione sociale, di formazione di cittadini consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri, di opportunità per il mondo del lavoro. Nella scuola il diversabile interagisce con i compagni, lavora con loro, vive con loro le difficoltà, si sente amato e a sua volta ama e rispetta.
La diversità non può essere una condizione di discriminazione ma solo un elemento in più da considerare nell’organizzazione di una lezione o di un progetto o di una semplice gita.
Il mondo dei bambini e degli adolescenti è vergine di tabù e di discriminazioni e pertanto più generoso nei confronti degli altri: la scuola è il mezzo ideale per la distruzione delle differenze.