Il bullismo è un fenomeno ormai super conosciuto. Le campagne promosse a tutti i livelli per contrastarlo sono all’ordine del giorno. Ma la causa del bullismo difficilmente diventa oggetto di riflessione e, come al solito, si cerca di punire l’effetto e non si pensa di rimuovere l’origine del dolo.
Il bullo è di solito un adolescente in cerca di emozioni forti. Molto spesso nasce e cresce in contesti familiari e sociali che, a differenza di quanto si possa pensare, rientrano in ceti medio alti.
La sua azione negativa viene esplicitata nei confronti di coetanei che ritiene più deboli, ma si serve, molto spesso, della sicurezza che gli deriva dal muoversi in branco, ossia con altri due o tre compagni di cui diventa il leader .
Lo scenario in cui opera è spesso la scuola a cui egli stesso appartiene; manda in esplorazione i suoi “ragazzi”, per apparire solo se costoro non raggiungono l’obiettivo prefissato, che può variare dall’ottenere somme di denaro di piccole entità, al lasciare a terra agonizzante la vittima che non vuole cedere.
È indubbio che questo modo di procedere è condannabile e punibile senza che ci sia giustificazione alcuna. Ma non si tratta di dare un senso a questi crimini, di lieve o vasta entità che siano; si tratta di capire il perché il bullo abbia la voglia di macchiarsi di tali crimini.
È quasi scontato, quando si arriva a rivolgere ai genitori la domanda fatidica del come e del perché il figlio ha agito così, sentire rispondere che questi non ha mai dato segni di violenza o squilibrio.
I genitori sembrano scesi dalle nuvole, per entrare in un incubo in cui mai avrebbero pensato di trovarsi .
Ma è possibile che non si conosca un figlio a tal punto?
Probabilmente la risposta può essere ricercata proprio nel contesto familiare. Abbiamo detto che si tratta di famiglie molto spesso benestanti, che sicuramente non lasciano il ragazzo, o la ragazza, senza soldi in tasca, così da costringerli a procurarseli in maniere illecite. Il problema che c’è dietro alla manifestazione del bullismo è quasi sempre una solitudine interiore accentuata ed un disturbo comportamentale conseguente ad evidente anaffettività.
La famiglia di appartenenza del bullo ha sicuramente i suoi limiti, perché i disagi originano di solito dal nucleo familiare e dalla dinamicità delle sue interrelazioni.
La condanna del bullo, pertanto, deve esserci, ma deve rientrare in un programma di recupero dell’intera famiglia, perché è in quel contesto che devono essere rintracciate e rimosse le motivazioni che inducono un adolescente ad agire comportamenti finalizzati a delinquere, ma anche a richiamare su di sé l’attenzione di quel mondo familiare che apparentemente lo accudisce, ma affettivamente lo trascura .
Le campagne antibullismo, quindi, accanto alle figure dei poliziotti in divisa che si recano nelle scuole per allertare ed intimorire, più che confortare e tranquillizzare, dovrebbero prevedere anche figure professionali quali gli psicologi che potrebbero sostenere sia le vittime che i colpevoli , partendo dal presupposto che questi ultimi sono anch’essi vittime, e che come tali hanno diritto di ricevere la dovuta attenzione.