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La Vitalità del Grillo Parlante

Domande ritornello si affacciano alla mente degli studenti che hanno appena concluso la corsa per conseguire il diploma … Gli accertamenti hanno consentito di analizzare oggettivamente la maturità degli allievi? Le procedure più o meno complesse, che prevedevano mappe concettuali, “cartuccere”, Pon, Por, Larsa, progetti vari, sono state funzionali per giungere al traguardo? La risposta è generalmente negativa perché, visto a posteriori, “l’odierno esame di stato, spauracchio dilazionato nel tempo, appare una costruzione artificiosa e fittizia che impoverisce e irrigidisce la formazione dello studente” (Matilde Perriera, Esame di maturità: il metodo garantisce una valutazione oggettiva e puntuale?, corriereinformazione.it, 10/7/2012).
Delusioni, controversie, incertezze irrisolte, perplessità per quanti, con grande tenacia, hanno fatto dello studio una priorità assoluta … “Carte, carte, carte … Intere foreste distrutte sono il risultato di tanto lavoro svolto sotto il cocente sole di giugno-luglio e, nello sfondo, restano le sofferte decisioni finali che lasciano scontenti tutti e, se non hanno avuto l’eccellenza, perfino i Centisti” (Matilde Perriera, Esame di maturità, Ibidem) … Cosa proporre in alternativa? Abolire l’esame? Tornare alla Commissione interna? Lasciare la normativa vigente, garantendo l’univocità degli orientamenti con un Presidente unico che stabilisca identici criteri in tutte le Commissioni dello stesso istituto?
Di contro al “farmacista scrivano” Esame di maturità: il metodo garantisce una valutazione oggettiva e puntuale?, corriereinformazione.it, 10/7/2012)che bada semplicemente ad addizionare voti di prove scritte e orali, crediti e bonus, lasciando spesso naufragare, nell’aeroporto grigio di una realtà fatta di sommatorie fredde e asettiche, altissime aspettative, tra le tante amarezze, i dubbi e le note negative, però, la scuola lascia un segno propositivo quando, nel cuore dei ragazzi, sale alla ribalta UN NOME, quello di chi è riuscito a carburare e a infondere la carica di dinamite necessaria per rigenerare i loro sogni.
La storia del cinema è ricchissima di mentori del calibro di Sidney Poitier (Oscar alla carriera, 2002), un ingegnere di colore disoccupato costretto ad accettare la nomina di insegnante in una scuola superiore della periferia dell’East End di Londra (La scuola della violenza, di James Clavell, 1967). La brutalità regna nell’istituto, nel quartiere, tra i ragazzi stessi indisciplinati, insolenti e decisi a disfarsi del nuovo arrivato, così come avevano fatto per i suoi predecessori. Il docente, convinto del fatto che LA SCUOLA SIA UNA MISSIONE, non demorde, cerca di rimuovere i palesi o più latenti ostacoli che afferiscono negativamente all’interno della classe difficile, sollecita i discenti a cogliere il rapporto dinamico tra passato, presente, futuro e, quando, verso la fine dell’anno scolastico, riceve un incarico veramente remunerativo, pur scosso da una lotta interiore profonda, decide di restare ancora con loro, dalla loro parte, a rivivere i loro problemi e le loro paure perché teneramente sollecitato da quei ragazzi che ormai lo considerano parte integrante della loro anima. “Il nero Mark Thackeray, infatti, sapeva cosa volesse dire vivere in una società ostile e, partendo dall’assunto secondo cui diventare adulti sia la lezione più dura da imparare e da insegnare, aveva accettato la sfida, trattando gli studenti come persone responsabili; egli ha fatto apprezzare i valori irrinunciabili della libertà di coscienza e della capacità di autodeterminarsi, dimostrando che, nella vita, pur perseguendo obiettivi comuni al gruppo di appartenenza, si deve contare principalmente sulle proprie forze” (Matilde Perriera, La propria arte per la parte migliore di sé, Mymovies, 04/8/2009).
Le riflessioni del “Professore”, che invita a colmare i vuoti dell’anima, a “superare il labirinto di cuori in tempesta” (esami di stato 2012, Tip. B 1), a “ricercare i mille perché che bruciano nei cuori degli adolescenti” (esami di stato 2012, Tip. B 2), a sentirsi ”tanto affamati e folli” da essere all’altezza dei tanti Steve Jobs (esami di stato 2012, Tip. B 3) che hanno seminato bene per poi raccogliere frutti succosi” (Matilde Perriera e Isabella Geraci, Lacrime digitali per Jobs, www.corriereinformazione.it, ottobre 2011), intessono la trama di “Will Hunting – genio ribelle” del 1997. Il film, diretto da Gus Van Sant, “non è incentrato su una storia di genialità e sregolatezza, come lo stesso titolo indurrebbe a pensare, né una semplice novella di talento sprecato e di redenzione; esso è, principalmente, una storia di incontri umani, una parabola di intrecci affettivi che danno la forza necessaria a vincere i propri demoni e a scoprire le motivazioni per migliorare la propria vita. La sceneggiatura scritta a quattro mani da Matt Damon e Ben Affleck nel ruolo di protagonisti, accanto allo straordinario Robin Williams con la sua magistrale performance premiata dall’Oscar, ha come centro focale un problematico ragazzo povero e solo originario di South Boston con un passato da delinquente. Will Hunting si guadagna da vivere come bidello del Massachusets Institute of Technology, frequenta tre ragazzi sbandati e, con loro, trascorre il suo tempo tra bevute in squallidi bar di periferia, partitelle al campo da baseball e risse con altri ragazzi” (Giacomo Augello, L’importanza di incontrare qualcuno, 2012). Il giovane, per sfondare la corazza protettiva, dovrà compiere un viaggio di iniziazione da cui imparare ad affrontare e superare i suoi demoni codificati dall’odio, dalla rabbia e, soprattutto, dalla paura dell’abbandono; la sua epifania avverrà grazie alla sua incredibile memoria fotografica e alla profonda cultura da autodidatta che abbraccia moltissimi campi del sapere. Le sue potenzialità, particolarmente spiccate nelle materie scientifiche e, più di tutto, nella matematica che padroneggia a livelli eccelsi, però, rimarrebbero latenti senza l’intuito formidabile di Gerald Lambeau, vincitore della medaglia Filtz per il calcolo combinatorio, che lo solleciterà a nutrirsi della fertile “curiositas” (esami di stato 2012, Tip. B 4) e “guardare oltre il filo spinato per salvarsi dalle prigioni inconsce che inaridiscono l’animo umano fino alla dissoluzione” (Matilde Perriera, E’ possibile lavare il vento e ripulire il cielo?, Psicolab, 4/4/2012). Sean Macguire, uno psicologo che ha preferito rinchiudersi nell’ombra dei suoi affetti, tesserà la tela avviata dallo stimato luminare e aiuterà Will a liberarsi dai rospi della sua infanzia, a sfuggire dalla realtà sonnolenta che impera nei sobborghi di Boston e a scoprire l’uomo che giace addormentato nel ragazzo prodigio.
Come dimenticare, poi, quanti riescono a leggere nell’animo degli studenti e a influenzarli per tutta la vita? Robin Williams è salito sulla cattedra per guardare le cose da angolazioni diverse e portare una ventata di aria fresca tra le fredde pareti della Welton Academy (L’attimo fuggente, 1989). L’energica interpretazione del pagliaccio ribelle di Hollywood, al di là del tragico epilogo di Neil Perry, ha dato voce a Sette studenti, i quali, “attraverso la spettacolare metafora contrastiva degli uccelli che prendono il volo, si librano nell’aria e invadono lo schermo, hanno capito che, grazie al Professor John Keating, non saranno più disposti a uniformarsi a regole imbalsamate e a schemi costrittivi” ((Matilde Perriera Scuola e formazione spirituale, Psicolab, 25/02/2010).
E quale sarebbe stato il futuro di Derek Luke ( di Denzel Washington, 2002) senza gli interventi dello psichiatra Jerome Davemport? Denzel Washington diventa il padre che Fisher non ha mai conosciuto, aiuta il giovane a compiere il primo passo alla scoperta di sé stesso e lo sostiene per tutta la durata del trattamento. Antwone, spinto dal medico a cercare la sua vera famiglia, imbocca il cammino verso l’integrità psicologica, comincia a credere in sé stesso e parte insieme a Joy Bryant verso i luoghi in cui è cresciuto. Solo così Derek potrà ricomporre il mosaico del suo passato e togliersi cosi dalle spalle quel pesante fardello.
Tali figure, che sanno inculcare l’idea secondo cui la tenacia, la costanza, la perseveranza, l’intuito sono molle sostanziali per assicurarsi il proprio ruolo, sono vitali anche a livelli più alti. Esemplare il leader ritrovato da Tom Hooper (Il discorso del Re, 2011) per aiutare il Duca di York, futuro Re Giorgio VI, a parlare dentro i microfoni della radio, medium di successo degli anni Trenta. Geoffrey Rush, l’eccentrico logopedista australiano, considerato uno dei migliori terapeuti per chi ha problemi di linguaggio, ha fatto sì che Colin Firth, seppur afflitto da una forma debilitante di balbuzie, in virtù dell’incondizionata fiducia manifestatagli, ha imparato a “non subire la paura, a realizzare la propria autostima e indossare le ali per riprendere il controllo della propria vita” (Matilde Perriera e Giuliana Drago, Il popolo ha bisogno della sua voce, Psicolab, 6 /5/ 2011).
Al di là di un risultato finale più o meno soddisfacente agli esami di stato, dunque, quello che veramente conta per la reale crescita degli adolescenti è il ricordo di “un attivo Grillo parlante, istanza superegoica sempre viva e pronta a schiudere il paesaggio interiore di si trova in difficoltà ” (Matilde Perriera, Ciuchini o menti geniali, novefirenze.it, 14/7/2011), un ideale che si incarna in quanti, attraverso lo scandaglio di “contenuti manifesti e contenuti latenti” (Francesca Lecce, Sigmund Freud e la Psicologia del Profondo, Psicolab, 24/11/2006), lasciano un’impronta indelebile. Chi cerca, insomma, “di allontanare il pericoloso mostro del vuoto e di anestetizzare la vaga apprensione che quel vuoto si ripresenti” (Montale, Auto da fè, Esami di stato 2012, Tip. A) , diviene forza propulsiva, fulcro per lo sviluppo di uno spirito creativo, premessa per una scelta di vita tanto indovinata e feconda da consentire persino al timido per antonomasia, “Todd Anderson” (L’attimo fuggente, di Peter Weir,1989), di tuonare con lo spettacolare “O capitano, mio capitano” e di affermare, con coraggio, che il suo “io” è uscito dal carcere e si “è ritrovato”.

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Matilde Perriera