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Cultura

Psicologia della Politica

Una volta si chiamava senso civico. Era insegnato nelle scuole elementari e medie sotto forma di educazione civica. Il primo a introdurla nei programmi scolastici fu Aldo Moro, nel 1958; i temi trattati riguardavano una conoscenza di base della Costituzione; fondamenti della legislazione attinente il lavoro; la compagine scolastica; elementi di educazione stradale e ambientale; la descrizione dell’ Europa e delle organizzazioni internazionali.
Il desiderio dello statista era, forse, quello di insegnare ai giovani l’amore per la politica, che altro non è che la partecipazione alla vita della città.
L’essere umano è coinvolto nella politica appena nasce. Il suo stato di persona fisica con capacità giuridica, ottenuto con la dichiarazione della nascita e con il riconoscimento del nome e del cognome, lo proietta nella società. Il suo ingresso nelle istituzioni scolastiche e nel mondo del lavoro sono involontarie partecipazioni alla vita politica ; questa, infatti, non è identificabile solo con l’occupare una sedia nei luoghi deputati, ma “facciamo politica” anche quando si sente il bisogno di esprimere le proprie opinioni e confrontarle con quelle altrui, per esempio, in un supermercato o facendo la fila alla Posta.
Il coinvolgimento giovanile nella politica ufficiale, quella che vedeva le sezioni dei partiti pullulare di nuove leve, ha il suo triste epilogo con le frange estremiste e le loro manifestazioni di rabbia e distruzione, che negli anni cosiddetti di piombo hanno raggiunto l’acme.
Da quelle ceneri, però, non è ancora risorta alcuna araba fenice. Forse perché non ci sono grandi temi da affrontare o grandi conquiste da raggiungere, forse perché non ci sono diritti da ottenere o leggi da vedere approvate ? Abbiamo tutto ? Eppure “ l’inverno del nostro scontento “ permane e la luce del sole è molto lontana. Generazioni di giovani non hanno garanzie per il futuro, se non quella di assicurarsi l’uscita di casa il più tardi possibile. Generazioni di seniores danno questa garanzia, provvedendo alla tranquillità dei giovani di casa che sulla loro testa ci sarà sempre un tetto.
Sappiamo da sempre che la frustrazione è la molla che fa scattare la reazione aggressiva.
Se mutuiamo questi comportamenti nella vita reale, avremo che per ottenere qualcosa che vogliamo con tutte le nostre forze e questa cosa ci viene negata, la aggressività, ossia la naturale risposta al vedersi sottratto un proprio diritto, ci permetterà di raggiungere l’obiettivo prefissato.
Aggressività non vuol dire mettere le bombe o violentare le donne; vuol dire spiccare il salto verso la preda da conquistare che, nella fattispecie, può essere la legalità e la sicurezza, gli spazi lavorativi, l’uscita di scena di personaggi senza contenuti. La famiglia è il primo grande bacino di vita politica, riproponendo in piccolo tutte le dinamiche proprie della società e della collettività.
La coppia genitoriale degli anni 2000, laddove sia presente all’interno della stessa casa o separata, tende a risolvere i problemi dei figli fino, ed anche oltre, l’età di giovani adulti, sottraendo a questi la organica competitività per l’ottenimento di mete dovute.
Il problem solving viene delegato, a discapito di maturità e crescita.
Nell’ambito del nucleo familiare può nascere l’amore per la politica. La gestione della vita familiare è paragonabile alla gestione della res publica. Il senso civico vive tra le mura domestiche e l’educazione alla conquista pacifica, ma determinata, dei propri spazi vitali e dei propri diritti è obbligatoria da parte dei genitori. La risolutezza che i figli avranno nel fronteggiare le fasi della vita deriva dai loro insegnamenti. Il successivo step è quello di portare questa potenzialità nei contesti sociali che si condivideranno. Il linguaggio politico non è solo delle istituzioni, ma deve tornare a riascoltarsi anche nelle scuole. Negli anni “70 la conquista di un’assemblea di istituto per poter esprimere le proprie idee era da prima pagina. Oggi non se ne sente più il bisogno perché non c’è niente da dire, non si crede nel dialogo e perché non c’è lo stimolo alla conquista. Non ci sono più ragazzi arrabbiati? Non credo. Anche perché basta leggere i fenomeni di bullismo e di esibizionismo per scoprire la presenza di una rabbia sconsolata e malcanalizzata. Quello che i genitori possono fare è ridisegnare e finalizzare i canali della rabbia giovanile. Percorsi che possono portare a mete di eccellenza, in tutti i campi, dallo sport alle attività artistiche, agli studi nelle varie discipline. La storia della politica è la storia della vita; il benessere psichico personale deriva dal benessere psichico della collettività e viceversa.
Le pagine che la storia scrive insegnano che gli anni bui hanno fatto da precursori agli anni di benessere. La ricetta è sempre la stessa. Un verso di una canzoncina di Rita Pavone, la Pappa col Pomodoro, dice che “il popolo affamato fa la rivoluzion”.E’ vero. Chiediamoci, dunque, che tipo di fame abbiamo in Italia, nel 2009.

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Anita Laura d´Atri

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