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Miglioramento

Il Pensiero Positivo: Filosofia new age o Tecnologia della Mente?

Quando si parla, o anche solo si nomina il Pensiero Positivo, a tutti noi vengono in mente immagini zen, un retaggio hippy o quantomeno domande del tipo “ma cos’è questo Pensiero Positivo? E come fai ad utilizzarlo anche nelle aziende, a me sembra una roba new age…”.
Immaginate che la nostra mente sia un iceberg. Gli iceberg sono delle enormi formazioni di ghiaccio che galleggiano alla deriva nel mare (in danese la parola iceberg significa “montagna di ghiaccio”). Poiché la densità del ghiaccio (acqua distillata, pura) è inferiore a quella dell’acqua di mare, per un miracolo fisico, circa il 90% dell’iceberg rimane sott’acqua. La parte emersa, detta anche “punta dell’iceberg”, è perciò solo il 10% di tutta la formazione di ghiaccio.
Quella punta rappresenta la nostra parte razionale, la coscienza, quella che ci fa prendere le decisioni, i nostri 5 sensi.
La parte “sommersa”, quella di dimensioni molto maggiori, rappresenta il subconscio, la nostra parte emozionale. Qui si stivano anche le memorie, i ricordi, qui c’è il nostro ufficio creativo: la nostra immaginazione.
Quando a livello razionale accade qualcosa, un fatto, sono i nostri sensi a captarlo, ma immediatamente nel corpo accade qualcosa. Cosa? Se il fatto ci suscita un’emozione, la nostra fisiologia si predispone automaticamente e molto rapidamente a reagire. La paura, la tristezza, la gioia, sono emozioni. Sono reazioni fisiologiche ad input sensoriali che si scatenano nella parte sommersa dell’iceberg, nel subconscio.
I ricordi sono legati a stretto giro con le emozioni. Tra il fatto e l’emozione si crea un legame, un’associazione che costruisce, una traccia di memoria. Se dico: “domani c’è compito in classe”. Come vi sentite? Provate ancora quel brivido di terrore di quando eravate a scuola vero? In questo caso addirittura è l’immagine mentale del compito in classe che crea paura perché in questo istante non sono in classe e non sto facendo il compito e probabilmente non vado neppure a scuola…
Gli studiosi osservano che la maggior parte delle emozioni che proviamo è di tipo negativo: paura, rabbia, colpa, tristezza sembrano prevalere su serenità, gioia ecc.
Quando ci investe un’emozione negativa, il nostro corpo va sotto stress. Lo stress di per sé è un meccanismo di attivazione dell’organismo. E’ un’attivazione che serve per abilitare il corpo a reagire: combattendo, fuggendo o stando fermo. Tutto questo va bene. Va bene avere un po’ di sana paura quando si attraversa la strada perché i motorini sfrecciano e noi dobbiamo essere attenti ed attivati.
Va meno bene quando lo stress determina ogni momento, di tutti i giorni, di tutte le settimane, di tutto l’anno.
Lo stress è un meccanismo di cui si occupa il sistema nervoso autonomo (SNA) infatti abbiamo detto che si attiva autonomamente ed automaticamente, senza che noi si debba fare niente di specifico. In particolare, la parte dell’attivazione è di competenza del sistema simpatico. Sarà pure simpatico, ma spesso non ci fa ridere granché.
Il meccanismo che invece ci permette di riportare le funzioni vitali in uno stato di rilassamento è il sistema parasimpatico che come le migliori spalle dei comici è assolutamente necessario per far funzionare le battute del simpatico.
Finché riusciamo a mantenere una certa alternanza fra stress e rilassamento il nostro organismo riesce a ricaricarsi, quando non si attiva il parasimpatico ed accumuliamo troppo stress stiamo male.
Ma come si fa a non avere paura se domani c’è compito in classe? Intanto si studia di più. Nessun atteggiamento mentale può sopperire alle carenze di nozioni.
E poi abbiamo detto che l’immagine stessa del compito in classe ci fa agitare, perché? Perché il nostro cervello non fa differenza fra ciò che vede e ciò che ricorda. Con la risonanza magnetica si è accertato che si attivano le stesse aree cerebrali quando osservo una scena o quando la immagino.
Ecco allora svelato l’arcano… cos’è il pensiero positivo? E un modo per comunicare efficacemente con il nostro subconscio, e per dargli delle indicazioni che ci permettano di rilassarci e di stare meglio. E quando stiamo bene con noi stessi, stiamo bene con gli altri, e quando stiamo bene con gli altri i rapporti sociali funzionano, il lavoro funziona, la famiglia anche e così via. Possiamo dare al subconscio delle indicazioni che ci fanno stare bene, altrimenti possiamo anche continuare a lamentarci, a fare le vittime o a sminuirci, basta essere consapevoli che lo facciamo per scelta. In PNL si direbbe che senza l’azione restiamo necessariamente nella nostra zona di confort, quella sorta di limbo emozionale in cui tutto ci è noto, anche se sappiamo che ci fa stare male.
Quindi pensare positivo non significa assolutamente vedere tutto rose e fiori o, peggio ancora, fare finta che vada tutto bene, o sorridere in modo passivo alle avversità che la vita ci riserva.
Pensare positivo significa parlare gentilmente con noi stessi, essere “la farmacia del nostro cervello”, significa affrontare cambiamenti e situazioni con un atteggiamento attivo ed ottimista. Significa diventare padroni della propria vita, essere responsabili delle proprie azioni e significa puntare sempre al miglioramento. Alex Zanardi, il noto pilota di Formula 1 che ha perso le gambe in un terrificante incidente in pista, ha ricordato in una recente intervista che quando era in coma i suoi amici e familiari pensavano “come farà a resistere senza gambe” mentre lui, quando si è svegliato ha pensato a come organizzarsi per riuscire a fare, senza gambe, tutto ciò che gli interessava. Alex Zanardi è tornato a correre in macchina.
Quello che insegnano alcune scuole di Pensiero Positivo è il linguaggio del subconscio.
Innanzitutto, per aprire la porta del nostro subconscio ci serve una chiave. Una chiave che funziona è il rilassamento del corpo. Due tecniche di rilassamento utilizzate sono la respirazione diaframmatica e il rilassamento muscolare progressivo.
Avete mai notato che quando siete tesi o nervosi si ha la sensazione che “manchi l’aria”? In parte è vero. Sotto stress il nostro respiro si accorcia, ed essendo meno ossigenato il sangue mette alla prova il cuore il quale inizia a pompare più velocemente. Si serra la mandibola, la lingua si schiaccia contro il palato, le gambe si accavallano e le braccia ci contengono.
Facendo una piccola serie di respiri profondi, la nostra fisiologia cambia e ci sentiamo un po’ più rilassati.
Quindi prima si apre la porta del subconscio con la chiave del rilassamento e poi ci si rivolge al nostro io profondo parlando nella sua lingua. Il cervello non fa distinzione fra presente, passato, condizionale o futuro. Tutto è qui ed ora. Le affermazioni del Pensiero Positivo sono al tempo presente, sono positive (!) ed enfatiche perché pensare in grande non costa niente e di solito dobbiamo lavorare su convinzioni che hanno avuto anni di tempo per condizionarci negativamente. Si utilizza poi la visualizzazione di immagini mentali perché così come un buon film è più semplice da seguire rispetto ad un libro, le immagini aiutano la nostra mente a lavorare per noi. Se noi mostriamo delle immagini piacevoli al nostro inconscio, quelle immagini per il nostro cervello sono reali e a livello fisiologico stiamo meglio. Lo stesso vale con le parole che rivolgiamo a noi stessi. Quante volte il giorno ci diamo di cretini perché abbiamo subìto una situazione, o degli imbranati perché non siamo riusciti ad emergere, ci diciamo che siamo simili alle megattere per i nostri chili di troppo. Usiamo con noi stessi un linguaggio che non potremmo usare neanche con il nostro datore di lavoro o con l’odiato collega. Molti di noi non osano dire ad una collega “certo che oggi fai veramente schifo, sei grassa come una balena, guardati e vergognati e poi hai fallito, non sai nemmeno lavorare scema!”. Eppure con noi stessi siamo impietosi, esagerati, ipercritici, sarcastici, sempre pronti a sminuirci. Questo è ciò su cui lavora il Pensiero Positivo. Insegna ad avere rispetto di se stessi e, di conseguenza, anche degli altri.

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Valentina Maltagliati

Autrice del libro: "Elevator Pitch” (ed. 2011 e 2020) alleno startup e spin-off ad ottimizzare la presentazione del proprio progetto per sottoporlo a potenziali investitori alleno gli aspiranti imprenditori. In questo ruolo collaboro da diversi anni con l’Incubatore Universitario Fiorentino (IUF) e con numerosi Enti che erogano percorsi di formazione imprenditoriale.