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Nuovi Consumatori: i Giovani

Quando si parla dei giovani viene naturale associarli nel settore dei consumi alla moda e alle tendenze, forse perché questa classe di consumatori risulta essere più fragile, con maggior tempo libero a disposizione e dunque più facilmente influenzabile: alla ricerca di una propria identità non ancora costruita grazie agli anni e all’esperienza, il giovane si riconosce in questa o quella corrente, la fa propria e modifica il proprio stile totalmente, non solo nell’abbigliamento e nei consumi ma anche in quello che, usando un termine anglosassone, si definisce life-style.
Sicuramente, più dei teen ager, dal dopoguerra ad oggi i veri protagonisti sono stati i giovani, capaci di influenzare i sistemi sociali e orientare il consumo delle merci, di creare forme espressive originali e di esprimerle all’interno di particolari sottoculture, che si potrebbero anche chiamare “tribù” nell’ottica di ciò che questo termine realmente significa.
La storia dei giovani consumatori comincia a partire dagli anni Cinquanta, quando cominciano a fare notizia: due categorie particolari sviluppatesi in quegli anni sono infatti i beatnik negli Stati Uniti, i teddy boyin Inghilterra, entrambi gruppi, seppure di estrazione sociale differente (borghesi i primi, operai e neo dandy i secondi), caratterizzati da un profondo anticonformismo e desiderio di libertà e d’espressione, espressi soprattutto dalla musica, dall’abbigliamento e dalle scelte di vita sessuale. Più degli adulti essi erano e sono in grado di avvertire e interpretare il cambiamento.
La scoperta della condizione giovanile risale al dopoguerra e comincia a diventare un valore per i giovani fino ad allora cresciuti con l’ideale di unità etnica e politica: è in quel momento che il dato biografico comincia ad essere vissuto come motivo di forte identificazione e posto come elemento di conflitto aperto con le generazioni precedenti e il mondo degli adulti.
Già a partire dagli anni Cinquanta negli Stati Uniti le ricerche stimano i ragazzi come interessante veicolo di consumo, perché hanno una possibilità di spesa impensabile per le generazioni precedenti.
L’ondata di ribellione di questi anni tende a placarsi quasi del tutto in tempi più vicini a noi, negli anni Novanta: l’omologazione prende il posto delle miriadi di “sub-culture” precedentemente nate e contemporaneamente l’economia tende maggiormente a fondarsi sui risultati ottenuti dal settore terziario.
Inoltre – e questo è un fatto quanto mai attuale – un ruolo di primo piano nel diffondere immagini e informazioni sui giovani spetterà alla televisione e all’espansione mass-mediale che determineranno un’accelerazione nella diffusione dei comportamenti e degli stili, e quindi delle tendenze omologatici tra i giovani di culture e nazioni differenti.
Promotore incondizionato di spunti utili alla costruzione della personalità giovanile è senz’altro stato – e lo è tutt’oggi – il celebre stilista italiano Elio Fiorucci.
Secondo quanto egli stesso afferma, la forza di ogni marchio di successo è la sua identità: per questo il marchio Fiorucci è riuscito a rimanere giovane e soddisfare i desideri dei consumatori. Nel grigiore della pesantezza della routine avvertita dai giovani, il primo punto vendita Fiorucci aperto a Milano negli anni Cinquanta parve da subito dare risposte e possibilità di espressione diverse per tutti coloro che non intendevano conformarsi ai dogmi della società, soprattutto perché Fiorucci proponeva per la prima volta il concetto di total look, vendendo presso quella sede non solo capi d’abbigliamento ma anche gadgets, accessori, curiosità, cibo e bevande.
Il negozio inoltre godeva di un’atmosfera assolutamente nuova, dove anche i colori, i profumi e i rumori rendevano l’atto dell’acquisto un momento decisamente significativo e piacevole, nel quale diventava possibile identificarsi.
Generoso nell’abbondanza delle idee, provocante ed ironico nella comunicazione, rivoluzionario nella presentazione, lo stile Fiorucci – o meglio quel giocoso, sensuale ed individuale life-style – è da sempre rimasto nel cuore dei consumatori: amato da stars e personalità dell’arte e dello spettacolo, ma sempre alla portata di tutte le tasche: questa è la vera magia del marchio.”
Così nascono verso la fine degli anni Sessanta celebri capi intrisi di atmosfere Orientali, secondo le tendenza di allora di cercare risposte sulla propria condizione nelle filosofie dell’est; così nasce il marchio Fiorucci, riconoscibile nella celebre coppia di angeli vittoriani riadattata dal famoso architetto Italo Lupi; così nascono i monokini e i tanga, importati direttamente da Ipanema (subendo già allora censure sulle pubblicazioni a stampa delle pubblicità di questi capi), i bijoux fai da te – importati dal New Mexico – , il maculato tipico dello stile Safari… tutti oggetti dei quali diventava finalmente possibile appropriarsi grazie alla loro abbordabilità economica (un paio di jeans nella seconda metà degli anni Settanta costava intorno alle 9.000 lire).
Passando attraverso gli anni Ottanta e Novanta, fino ad arrivare ad oggi, si assiste alla inarrestabile ascesa del marchio che si vede ancora coinvolto in numerose iniziative: dal lancio dei profumi, alla personalizzazione degli aerei della compagnia Eurofly, alla creazione di una linea make up e di tutto il corredo di accessori necessario.
Se Fiorucci ha effettivamente resistito nel tempo a cambiamenti di tipo sociale e culturale, questo lo deve soprattutto alla sua impostazione commerciale, estremamente flessibile e plasmabile, attenta alle esigenze dei consumatori, ma anche al suo benessere psicologico e fisico, offrendogli tutto ciò di cui egli possa necessitare per raggiungere la condizione di completo (o quasi) appagamento.
L’operato di Elio Fiorucci in conclusione non fa altro che testimoniare quanto i giovani da sempre siano protagonisti del mercato e continueranno a rappresentare una costante risorsa per lo sviluppo dell’economia.


Dal dizionario De Mauro della lingua italiana si legge: tribù, gruppo umano in generale fortemente coeso sulla base della comune accettazione di una peculiare combinazione di consuetudini, riti, tradizioni linguistiche e culturali, il quale, se non vive allo stato nomade, si ritiene, ed è spesso ritenuto anche da gruppi vicini, possessore di un territorio anche quando non vi siano né segnali né la nozione stessa di confine.

Beatnik, termine coniato dal giornalista Herb Caen del San Francisco Chronicle nel 1958 come termine denigratorio per riferirsi ai beats, ovvero ai membri della Beat Generation, come gioco di parole con il satellite sovietico Sputnik, per sottolineare sia la distanza dei beats dalla società corrente sia il fatto che erano vicini alle idee comuniste. Manifesto letterario di questo movimento è il celebre libro On the road scritto da Jack Kerouac e pubblicato nel 1957.

Teddy Boy è un movimento che nacque a Londra nei primi anni Cinquanta dalla prima ondata di Rock n Roll di quel periodo.

Cit. www.fiorucci.it
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Linda Meoni

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