Un sano sviluppo della personalità dipende sia dall’adeguato sviluppo della sfera cognitiva, affettiva e sociale, sia dalle interazioni che la persona stabilisce con l’ambiente esterno nel corso della sua evoluzione. I fenomeni affettivi si dividono in: sentimenti, emozioni ed umore. Bowlby (1982), è stato il primo ad integrare gli studi dell’etologia con la psicologia dello sviluppo; egli, infatti, studiando i neonati, si accorse che molti dei loro comportamenti innati si ritrovavano anche nei piccoli degli animali. Le sue osservazioni lo portarono a sostenere che l’attaccamento sociale tra il piccolo e la madre è necessario per uno sviluppo normale. In questo ambito la teoria dell’attaccamento di Bowlby è la prospettiva teorica di riferimento. Sostanzialmente essa studia la natura, la finalità, l’organizzazione dei legami affettivi e i processi attraverso cui questi si costituiscono. In questa teoria assumono un peso rilevante le esperienze reali tra il bambino e la figura di accudimento, poiché a tali esperienze è riconosciuto un ruolo fondamentale nella complessa dinamica dei meccanismi di individuazione e della conseguente costruzione di un’identità personale. Bowlby riteneva che l’attaccamento si sviluppa attraverso alcune fasi, e che possa essere di tipo “sicuro” o “insicuro”. Un attaccamento di tipo sicuro si ha se il bambino sente di avere dalla figura di riferimento protezione, senso di sicurezza, affetto; in un attaccamento di tipo insicuro invece il bambino riversa sulla figura di riferimento comportamenti e sentimenti come instabilità, prudenza, eccessiva dipendenza, paura dell’abbandono.
Lo psicologo dello sviluppo Bowlby (1957), concentrò i suoi studi sul ruolo delle relazioni sociali tra genitore e bambino nella formazione della personalità e del benessere mentale. L’interesse primario di Bowlby si rivolse allo sviluppo emotivo. La sua teoria, una miscela eclettica di idee provenienti da differenti teorie dello sviluppo, si basava in ultima analisi sulla tradizione psicoanalitica di Freud. Bowlby era infatti uno psicoanalista dell’infanzia principalmente interessato ai fattori che potevano scatenare le psicopatologie. La sua teoria offre una sintesi critica tra i risultati della ricerca psicologica e biologica moderna e alcune delle più tradizionali questioni psicoanalitiche sullo sviluppo. Un’idea fondamentale nella teoria di Bowlby è che la madre fornisce una base sicura dalla quale il bambino può allontanarsi per esplorare il mondo e farvi periodicamente ritorno. L’attaccamento emotivo alla madre dà quindi al bambino un senso di protezione e sicurezza. Si ritiene inoltre che la funzione evolutiva dell’attaccamento sia di proteggere il bambino dai predatori, e che i legami emotivamente sicuri tra gli individui abbiano un valore fondamentale sia per la sopravvivenza nel breve periodo che per il successo riproduttivo della specie nel lungo periodo. Bowlby fu molto influenzato dal lavoro di Harlow (1971), il quale mise alla prova sperimentalmente la teoria psicoanalitica secondo cui il bambino si attacca alla madre perchè essa ne soddisfa i bisogni fondamentali quali la fame e la sete. Nella teoria psicoanalitica questi bisogni sono chiamati pulsioni primarie e costituiscono le motivazioni psicologiche fondamentale. L’assunto che il bambino impari ad amare la madre perchè essa ne soddisfa i bisogni fondamentali è stato anche denominato teoria dell’ “amore interessato”. Contrariamente a questo assunto, Harlow dimostrò che le madri non forniscono solo cibo, ma anche conforto e calore. Infatti studiando gli effetti della deprivazione delle cure materne sui piccoli delle scimmie cresciuti in isolamento sociale, mostrò che questi, divenuti adulti, presentavano grandi difficoltà nelle relazioni sociali e risultavano poi essere dei genitori mediocri e incapaci.
Bowlby (1989), identifica quattro fasi attraverso le quali si sviluppa il legame di attaccamento:
1. La prima va dalla nascita fino alle 8-12 settimane: in questo periodo il bambino non è in grado di discriminare le persone che lo circondano, anche se può riuscire a riconoscere, attraverso l’odore e la voce, la propria madre.
2. Fra il 6° ed il 7° mese, il bambino diviene maggiormente discriminante nei confronti della persone con le quali entra in contatto.
3. Dal 9° mese l’attaccamento con il caregiver si fa stabile e decisamente visibile: il bambino richiama l’attenzione della figura di riferimento, la saluta, la usa come base per esplorare l’ambiente, ricerca in lei protezione in particolare se si trova a cospetto di un estraneo.
4. Il comportamento di attaccamento è stabile e profondo fino a circa 3 anni, età in cui il bambino acquisisce la capacità di mantenere tranquillità e sicurezza in un ambiente sconosciuto; deve però essere in compagnia di figure di riferimento secondarie, ed avere la certezza che il caregiver faccia presto ritorno.
Nell’ambito dello sviluppo affettivo e sociale le modalità reali, concrete, con cui una madre si prende cura del suo neonato hanno un impatto cruciale, determinando il modo con cui il neonato organizzerà le proprie strategie di attaccamento nei confronti della madre ed eventualmente le generalizzerà ad altri adulti. Difatti il neonato, una volta adulto, farà riferimento a quelle stesse modalità di attaccamento che hanno costruito la sua esperienza, e tenderà a metterle in atto nei confronti dei propri figli. Quindi, cominciando nell’infanzia e continuando attraverso il corso della vita, la salute mentale di un individuo è vista come intimamente legata alle relazioni con le figure di attaccamento che offrono supporto emotivo e protezione.
Mary Ainsworth (1970), ha condotto una lunga serie di complesse osservazioni su gruppi di bambini, anche provenienti da diverse culture, per valutare come si comportavano in una situazione sperimentale nota come Strange Situation. Si tratta di una procedura ideata appunto per studiare il comportamento di attaccamento e di esplorazione del bambino di un anno, che si svolge in un laboratorio attrezzato con giocattoli ed è costituita da una sequenza standard di 8 episodi, della durata di 3 minuti ciascuno, ad eccezione dell’ultimo. Di rilievo sono due fasi di separazione e due di riunificazione con la madre e la presenza o assenza di una persona estranea mentre il bambino sta con la madre o da solo. La metodica di laboratorio della Ainsworth è a tutt’oggi la tecnica sistematica più ampiamente usata per la valutazione della qualità dell’attaccamento del bambino verso il caregiver. Tra gli altri strumenti per l’indagine dello sviluppo affettivo, citiamo il Test del Disegno dell’Albero di Coch; il Test della Figura Umana di Machover; Il C.A.T.
La teoria dell’attaccamento ha notevoli risvolti applicativo-professionali. Sono interessanti a questo proposito gli studi longitudinali per correlare i pattern di attaccamento a comportamenti psicopatologici. Questi studi mirano sostanzialmente a valutare l’andamento della relazione tra pattern di attaccamento e psicopatologia, allo scopo di sviluppare presidi preventivi. Un ulteriore risvolto applicativo è la pratica clinica dei teorici del disturbo di regolazione affettiva, che fanno appunto riferimento alla teoria di Bowlby. Sono interessanti anche le attuali ricerche sulla relazione tra pattern di attaccamento e disturbi alimentari: ad esempio il comportamento anoressico restrittivo è solitamente associato ad uno stile di attaccamento Evitante, mentre le abbuffate compulsive vengono associate ad uno stile di attaccamento Ambivalente. In un contesto clinico, e più precisamente in ambito psicoterapeutico, un caso clinico può essere letto alla luce della teoria dell’attaccamento: in questo senso l’esplorazione dei Modelli Operativi Interni fornisce un importante spaccato delle modalità di funzionamento interpersonale attuale, proprio perché vengono costruiti a partire da pattern ripetuti di esperienze interattive e sono intesi come rappresentazioni delle interazioni che sono state generalizzate e che formano modelli mentali relativamente fissi che l’individuo utilizza per predire il mondo e mettersi in relazione con esso.