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Comportamento

Genesi dello Stupro: cause e fattori scatenanti

Nel tentativo di effettuare un inquadramento socio-psicologico del fenomeno dello stupro, che sia in grado di comprenderne le cause, le motivazioni, le spinte pulsionali, si cita il contributo scientifico dell’etologia, che ha parlato in proposito di sesso coercitivo. Una modalità di riproduzione che, lungi dal risultare frutto di una qualche perversione del soggetto agente, sarebbe in realtà la conseguenza di una naturale quanto necessaria pulsione finalizzata alla riproduzione, e dunque al mantenimento della specie (Thornill, 1983).
Il sesso coercitivo sarebbe dunque un tentativo estremo di riproduzione, tanto nel genere umano che in quello animale.
Dal punto di vista etologico si presenta come una teoria indubbiamente fondata, ma la sua estensione analogica alla dimensione umana appare smentibile sotto vari aspetti:
– in primo luogo è necessario riconoscere come non tutti i comportamenti umani sessualmente orientati abbiano delle finalità riproduttive: si vedano i casi di masturbazione, di stupro omossessuale o di violenza sessuale commessa ai danni di donne in menopausa, ragazze in prepubertà, spesso bambini.
– assumere una funzione di mera fitness riproduttiva in caso di stupro, significherebbe inoltre privare un atto di violenza del proprio disvalore morale, e in un certo senso equivarrebbe ad un tentativo di umanizzare l’agito maschile violento tramite una parificazione dell’uomo all’animale. Con tutto ciò che dal punto di vista etico si potrebbe eccepire in proposito.

Altri versanti di studio si sono mostrati meno indulgenti: ad esempio la Brownmiller (1975), nel suo importante volume “Contro la nostra volontà”, ha espresso come l’atto sessuale forzato rappresenti un tentativo del maschio volto ad intimorire la donna, ribadire la propria supremazia su di lei e tenerla, in un certo senso, al “suo posto”. Il tutto in un contesto sociale legittimante, che privilegia uno status quo gerarchico- maschile superiore al femminile- ormai di impronta filogenetica.

La Brownmiller si spinge oltre, affermando come nello stupro non sia riscontrabile nessuna valenza erotica o sessualmente orientata, ma soltanto l’intento coercitivo di un maschio sopraffattore, la cui istanza di dominio degenera nella conquista e nella distruzione. Pensiamo agli stupri di guerra, in cui l’atto sessuale viene ridotto ad uno strumento proditorio attraverso il quale prevalere sul nemico e praticare su di lui un sopruso con velleità distruttive e de umanizzanti.

CHI È LO STUPRATORE?

Il vissuto psichico dello stupratore è spesso connotato da un’angoscia disintegrante che il soggetto non riesce a contenere nel Sé e che, in difesa della propria sopravvivenza emotiva, proietta massivamente in un tentativo di controllo evacuativo.
Nella personalità dello stupratore si trovano anche carenza di empatia, ovvero di incapacità di sperimentare nella propria interiorità lo stato d’animo della vittima, deficit di regolazione degli impulsi, aggressività proditoria, e per questo orientata alla distruzione.
La sua personalità potrebbe inoltre presentare tratti di narcisismo maligno, volto alla strumentalizzazione dell’altro per la gratificazione dei propri bisogni, e di sadismo, in cui il dolore etero imposto presenta connotati di gratificazione e appagamento.
È inoltre ipotizzabile che, nel retroterra evolutivo dello stupratore sussista un’educazione patriarcale, nella quale la donna viene considerata gerarchicamente inferiore e per questo socialmente violabile. Molti stupratori hanno vissuto in contesti familiari nei quali la violenza femminile veniva approvata e rinforzata, e la stessa figura della donna risultava oggetto di continue squalifiche e mortificazioni. Pensiamo ai molti bambini- vittime del fenomeno di violenza assistita- che hanno interiorizzato stabilmente condotte di sopruso per poi riprodurle in una prospettiva emulativa- normalizzante, da cui la visione di una virilità GIUSTA E INDISCUTIBILE: una sorta di diritto acquisito da parte dell’uomo.
L’influsso culturale nella genesi dello stupro non è infatti trascurabile: una società in cui la segregazione dei ruoli vede l’uomo imporsi in virtù di una presunta superiorità innata, e la donna destinata a sottomettersi a tale forza, è anche una società performante e proiettiva che avvia, in un certo qual modo, al dominio gerarchico e prevaricatore sul più debole. Sull’oggetto vulnerabile.

UNA TEORIA PSICODINAMICA: lo stupro come angoscia del femminile

Lo stupratore è un soggetto i cui codici affettivi risultano polisemici e diffusivi, non in maniera dissimile da quelli di un bambino. Quella differenziazione primigenia tra impulso aggressivo e libido sessuale –l’una legata a velleità di distruzione e l’altra ad impulsi vitali- in lui non si è probabilmente verificata, cosicché le due pulsioni continuano a sovrapporsi in una modalità disorientante, costruendo una dimensione emotiva ove l’agito proiettivo diviene l’unico strumento di controllo di un’angoscia annichilente, e la morte continua a confondersi con la vita.
Se una libido desiderante e vitale, come quella erotica infantile, viene collegata ad un vissuto di odio verso una madre dalla quale si teme di venir fagocitati o colonizzati, è allora plausibile che lo stupro si trasformi in un atto di difesa, una sadica rivalsa verso un oggetto invidiato, temuto, e ritenuto inarrivabile come quello femminile.
In queste circostanze lo stupro incarna sia l’atto di sopraffazione verso un fantasma persecutorio materno da cui il maschio si sente invaso, sia il tentativo inconscio di neutralizzare un’angoscia di inferiorità esperita di fronte ad un universo femminile arcaico e inconoscibile. La madre amata e odiata, viene dunque a svolgere un ruolo predominante nella gestione tra le angosce schizoparanoidi- volte all’aggressività distruttiva- e quelle depressive, finalizzate alla tutela dell’oggetto affettivo.
Probabilmente lo stupratore proietta il proprio istinto di morte in un universo femminile che vittimizza per non venirne a sua volta vittimizzato. Prigioniero di quella invidia bramosa che distrugge per ottenere. E ottiene per distruggere.

BIBLIOGRAFIA

Brownmiller S. (1975), Against our will, New York, Simon and Schuster;
Brownmiller, S. , Merhof, B. (1992), A feminist reponse to rape as an adaptation in men, in Brain and Behavioral Sciences, 15, pp. 381-382;
Klein, M. (1957) Invidia e gratitudine, Giunti, Firenze;
Thornill, R., Thornill, N.W. (1983): Human rape: an evolutionary analysis, in Ethology and Sociobiology, 4, pp. 137-173.

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m. rebecca farsi

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