Si tratta di tecniche messe a punto da Moreno e dai suoi collaboratori ai fini di facilitare l´azione spontanea degli attori psicodrammatici, e di favorire sia la diagnosi che la soluzione della situazione problematica.
Il riscaldamento ( warming up)
Il processo di riscaldamento può essere stimolato da attivatori corporei (movimento fisico e contatto corporeo), attivatori mentali (immagini e sensazioni), e attivatori psicochimici (stimolazioni artificiali).
Attraverso il processo di riscaldamento l´individuo può sperimentare molti ruoli, anche quelli che nella vita quotidiana vive raramente, o non ha mai vissuto. Infatti, se nella routine giornaliera l´uomo si limita ad un piccolo numero di ruoli, in realtà le sue potenzialità vanno ben oltre.
Viviamo solo una piccola parte del raggio d´azione della nostra personalità; la maggior parte resta inutilizzata e senza sviluppo. (Moreno, 1946, p.295)
Le tecniche di riscaldamento, invece, sono finalizzate a generare l´opposto: mettendo in moto il corpo e la mente, il soggetto raggiunge lo stato di spontaneità necessario per riuscire ad esprimere liberamente tutte le proprie potenzialità, anche quelle più nascoste, inutilizzate, o temute.
In particolare, all´interno di una sessione psicodrammatica il processo di riscaldamento ricopre diverse funzioni: generare e rafforzare i legami di tele all´interno del gruppo; far emergere il protagonista e prepararlo alla rappresentazione del suo mondo interiore; far emergere gli io ausiliari.
Il soliloquio
È una tecnica che permette al protagonista di esprimere liberamente i suoi pensieri, le sue emozioni, e le sue impressioni, così come gli vengono in mente e senza essere interrotto.
Può essere utilizzata per fare un´autopresentazione, la presentazione di un´altra persona, la descrizione di una situazione, di un sogno, eccetera. Più spesso, però, il soliloquio serve a rendere manifeste a sé e al gruppo emozioni che l´azione psicodrammatica porta nascoste in sé. Attraverso il soliloquio, infatti, il protagonista può mettere meglio a fuoco le emozioni celate dietro il comportamento manifesto ed arrivare, così, ad una presa di coscienza che spesso porta poi alla modificazione del comportamento stesso, o, comunque, ad una maggiore comprensione di sé stesso e degli altri.
L’ Inversione di ruolo
È una delle tecniche psicodrammatiche più importanti, e consiste nel far assumere ad A il ruolo di B, e viceversa. Il protagonista può, ad esempio, rappresentare suo padre, e chiamare un io ausiliario a rappresentare sé stesso.
Le finalità dell´inversione di ruolo sono molteplici. Prima di tutto aiuta il soggetto a mettersi nei panni dei suoi altri significativi e, quindi, a comprendere meglio le loro reazioni ai suoi comportamenti. Inoltre gli permette di osservarsi attraverso gli occhi degli altri, liberando l´io da strutture egoiche troppo rigide.
L´inversione dei ruolo può anche essere utile all´io ausiliario per capire meglio come il ruolo che gli è stato assegnato è percepito dal protagonista.
Il doppio
Il ruolo del doppio è di solito assolto dal direttore o da un altro membro del gruppo che sperimenta un forte senso di identificazione con il protagonista, e consiste nell´affiancarsi a lui movendosi e comportandosi in modo molto simile.
È una tecnica che risponde a bisogni simili a quelli cui assolve il ruolo materno nei primi mesi di vita: amplificare e dare risonanza a emozioni e bisogni ancora troppo poco differenziati per potersi esprimere da soli.
Il doppio dunque serve ad intensificare e migliorare l´azione del protagonista e, spesso, aggiunge ad essa nuove dimensioni, dando voce a tutto ciò che il soggetto non riesce ad esprimere.
Il ruolo del doppio può essere classificato in base alle diverse finalità terapeutiche che lo guidano. Si distingue tra: doppio di sostegno, che ripete e sottolinea ciò che è detto e fatto dal soggetto al fine di rassicurarlo su ciò di cui non è sicuro o che teme di tirare fuori; doppio di amplificazione, che esprime ad alta voce ciò che il protagonista ha detto sottovoce o in modo confuso ai fini di esasperare e rendere evidente le emozioni ad esso sottostante; doppio di confronto, che aiuta il protagonista a confrontarsi con aspetti di sé disconosciuti; doppio investigativo, che sottolinea contenuti importanti passati inosservati; doppio integrativo, che aiuta il soggetto in caso di contenuti confusi o negativi.
Anche le risposte del soggetto alle espressioni del suo doppio sono fortemente rivelatrici, in quanto svelano eventuali resistenze e atteggiamenti cristallizzati.
Lo specchio
È una tecnica che consiste nel realizzare una specie di controfigura del soggetto e nel farla recitare al suo posto. In questo modo il protagonista può rendersi conto dell´immagine che da di sé al gruppo, e quindi al mondo esterno.
Anche qui sono fondamentali le reazioni del soggetto al conduttore o all´io ausiliario che funge da specchio.
La proiezione nel futuro
Attraverso questa tecnica il protagonista ha la possibilità di vivere nel presente immagini e fantasie riguardanti il proprio futuro. Si tratta di mettere in scena una situazione in cui ogni evento è inventato, ma ciò non comporta che il soggetto possa prescindere dalla realtà; egli, infatti, deve svolgere un approfondito lavoro interno per scoprire e mettere a fuoco gli aspetti di sé necessari per creare un quadro verosimile del proprio futuro.
Le finalità di questa tecnica sono molteplici: preparare il soggetto ad importanti eventi futuri che devono realmente accadere (ad esempio la nascita di un figlio); aiutarlo a comprendere meglio situazioni passate o presenti facendogli immaginare le conclusioni future (ad esempio l´incontro con un genitore con cui si era, o si è, in conflitto); o, ancora, aiutarlo ad affrontare e ridimensionare paure ricorrenti (ad esempio mettendo in scena i comportamenti dei suoi cari dopo la sua morte).
La sedia ausiliaria
Consiste nell´utilizzare una sedia come elemento ausiliario per il protagonista, e cioè come elemento lo aiuti a sviluppare la propria azione psicodrammatica.
Di questa tecnica esistono due versioni principali: la sedia vuota e la sedia alta.
La prima si utilizza quando il soggetto deve dire qualcosa ad un interlocutore immaginario (vivo, morto o mai nato), che si immagina appunto seduto su quella sedia.
La seconda, invece, si usa per incrementare il senso di autostima di soggetti che vivono sentimenti di inferiorità; in questo caso è lo stesso soggetto a sedersi su una sedia collocata ad un piano più elevato (ad esempio su un tavolo) rispetto al livello del palcoscenico, perché simbolicamente
L´essere in alto spazialmente facilita l´esserlo anche nel vissuto psichico, affettivo e sociale. (Boria, 1997, p.137).
La costruzione della scena
Prima di dare il via alla propria rappresentazione, il protagonista deve allestire la scena affinché si adatti bene alla situazione che sta andando a rappresentare.
La costruzione della scena serve ha la funzione di riscaldare ulteriormente il soggetto (attraverso l´attivazione sul piano percettivo e motorio), aiutarlo ad immergersi nella situazione che va a rappresentare, e ravvivare i fantasmi interni, ma senza che tutto ciò diventi troppo minaccioso per lui, in quanto, costruendo personalmente la scena, egli percepisce di padroneggiare attivamente quella situazione.