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Psicoterapia e Psicoanalisi

Il timore della pagina bianca: castrazione o procreazione

Non c’è scrittura che possa definirsi assertiva e perentoria (o assolutoria), benché per lo più si dia per scontato il contrario. Anche questo mio incipit, di fatto, rischia l’assertività e la perentorietà della proposizione, tuttavia mi permetto di presentarlo al lettore come un esperimento. Ogni frammento di scrittura, in realtà, vale come un vero e proprio esperimento. Un semplice studio etimologico del sostantivo esperimento ci aiuta a fare un passo in avanti: dal greco sappiamo che esperimento è un termine composto per cui è fondamentale la componente pèira, che significa prova. Ebbene, la prova sta alla base dell’esercizio della scrittura, in specie per chi, come lo studente che si accinge a preparare la tesi di laurea, non ha comprovata dimestichezza con l’ufficio più o meno quotidiano dello scrivere. In cosa consiste la prova? Perché la prova è tale da generare l’ansia dell’approccio col relatore d’una tesi, con l’argomento stesso della tesi ed infine con l’inizio stesso ovverosia con la pagina bianca?
Una volta venni richiesto d’una consulenza per il caso di un paziente affetto da nevrosi ossessiva, spesso assalito dal pensiero ruminante di commettere atti nefandi e criminosi, prossimo ad una vita sessuale frustrante ed impersonale, il quale a causa d’un radicato senso di disistima non riusciva a dare inizio alla propria tesi di laurea. La paradossalità del caso volle che oggetto della tesi fosse uno studio di psicologia sociale. Guai a stressare il proprio equilibrio psichico con lo strumento dell’autoanalisi! Infatti, tutti i quadri sintomatici che egli studiava venivano introiettati e trasformati in sintomi personali. Un vero e proprio circolo vizioso.
Mi proposi, stando alle preziose lezioni (Hetchegoyen ,1990) di Horacio Etchegoyen, di facilitargli la libera espressione dei processi mentali (Ibid., p. 63). Lo invitai ad accettare l’angoscia, cioè ad usarla come risorsa dell’atto creativo. Mi chiedevo solo in che misura fosse possibile introdurlo così rapidamente in un setting(Il colloquio/confronto non si svolgeva nell’ambito di sedute psicoanalitica, ma la consulenza di psicodinamica della scrittura m’imponeva, in presenza d’una patologia chiara, per lo meno il ricorso ai fondamenti di un metodo integrato di psicologia dinamica) abbastanza definito: c’era poco da fare, bisognava fornirgli l’insight opportuno!
Ci è d’aiuto il caso d’una paziente di Jung: si tratta di una signora presentataci come colta ed intelligente, colpita da grave isteria in seguito ad una separazione traumatica dal marito e dal figlio. L’episodio è questo: poco prima di una delle ordinarie visite cliniche del dottor Jung, la signora si coperse di escrementi dalla testa ai piedi per potersi mostrare all’arrivo del terapeuta vestita a festa. Tant’è che al primo contatto disse: – Ti piaccio così?-(Jung, trad. ita 2003).
L’evento si rivelò traumatico addirittura per il terapeuta, il quale solo dopo qualche anno appurò e dimostrò che l’origine del gesto sintomatico sarebbe stato da cercarsi nel fatto che gli escrementi costituiscono un primo ed originario atto creativo dell’individuo vivente. Già il bambino manifesta per la produzione di escrementi una passione particolare.
Si potrebbe obiettare con una domanda. Che hanno in comune la produzione di escrementi, la pagina bianca, l’ansia da tesi di laurea?
Il nostro intelletto si compone di immagini archetipiche, originarie, che compaiono direttamente nei nostri sogni, ma che spesso ci sono estranee o non abbastanza note: gli escrementi, per la dignità simbolica dell’atto produttivo, rappresentano una risorsa originaria tanto per la paziente junghiana affetta da grave isteria quanto per noi che ci affanniamo a dare un senso compiuto ai pensieri.
La vera prova consiste allora nel sapere utilizzare questa sovvenzione simbolica d’energia.
Non si possiede l’incipit? Si metta per iscritto la prima immagine che ci sovvenga a proposito dell’ansia da tesi! Solo dopo aver dato luogo a questo primo atto si può accedere alla bibliografia di riferimento per legittimare l’immagine generata. Siamo tutti figli della Grande Madre (Neuman, 1978), la quale è protettiva e, insieme, avida e prevaricatrice. Le nostre immagini le appartengono e non se le lascia portar via facilmente. Ci sono state tramandate testimonianze dei riti della Grande Madre, risalenti al periodo tra il IX ed il VII secolo a.C. a Cogul, in cui gli uomini partecipanti venivano castrati a morsi, dopo essere stati usati come oggetto di sfogo sessuale. Non è casuale ancora oggi che il fenomeno dell’ansia da prestazione maschile venga considerato soprattutto negli starti meno colti della popolazione come sentimento d’inferiorità nei confronti della donna. Antichissimo retaggio!
Si vuole forse credere che le altre tipologie di ansia siano casuali?
Lo scrittore, quando si accinge a scrivere, dà inizio ad una rischiosa frammentazione della propria identità narrante. I volti dei personaggi sono i suoi volti. Le riflessioni epistemologiche sui temi dello scritto sono le sue riflessioni sull’esistenza. L’identità frammentata è sfogo della memoria e si ricompone solo nell’atto finale, che è un po’ come andare a morire perché prima o poi la pagina bianca ricompare e con essa l’incredibile frammentazione.

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