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Scuola

Armoniosa Melodia

Merci ingombranti da rottamare, prede indifese della morte in agguato, “alberi secchi e marci che rubano luce e aria a giovani vite in procinto di schiudere le porte a un mondo nuovo” (Friedrich Hölderlin, Aforismi, 1802), vanno avanti, soffocati in una prigione a cielo aperto, dominati dalla solitudine e dal senso di abbandono, nel silenzio assordante dei rimpianti e dei ricordi che il presente anhttp:\\/\\/psicolab.neta, mentre tentano di dare consigli che rischiarano senza riscaldare. In un’organizzazione proiettata verso il futuro, che misura i valori con il metro della produzione e del guadagno, gli anziani, mentre percorrono l’ultima tappa di un lungo e intenso viaggio, hanno perduto ogni ragione di essere, i rimpianti, in loro, superano i sogni, le candeline costano più della loro torta …
Gli adolescenti, di contro, nel preconcetto anticonformismo, allettati dal tutto e subito, giudicano le radici dell’umanità ormai obsolete e, sentendosi parte inscindibile della propria comitiva, lasciano che i cliché si insinuino facilmente nelle loro menti; trascinati dal fluire della corrente più impetuosa, si massificano … I nuovi idoli sono le veline che mietono vittime dell’anoressia, o i calciatori o i “sonobellosonobello” del Grande fratello o … e non più gli uomini valorosi che hanno sacrificato la propria vita per il loro paese. L’aria fritta diventa legge a cui uniformarsi, omologandosi e perdendo di vista l’importanza delle singole individualità, piuttosto che valorizzare e seguire le linee guida di chi possiede la saggezza … Sono girasoli che, seguendo il loro gruppo, cantano, ridono e danzano cercando sempre nuove alternative in sentieri inesplorati, credendo che non s’imbatteranno mai in barriere assoggettanti … Il mondo è il loro servitore.
La mentalità dell’anziano è, in effetti, distante milioni di anni luce da quella del giovane, ma è veramente impossibile instaurare rapporti di reciproca fiducia tra NIPOTI che recalcitrano e NONNI che propugnano ideali diversi da quelli attuali? Come placare la lotta dei frammenti tra di loro? Come ricomporre l’unità distrutta? Come impedire a “tutte le piccole sfumature che distinguono questi atomi chiamati uomini di trasformarsi in segnale di odi e di persecuzione” (François-Marie Arouet – Voltaire, Aforismi, 1750)? I “vecchietti” sono veramente irremovibili? I ragazzi provano ad aprirsi con loro? Cercano di farli riflettere sul proprio punto di vista e di instaurare una comunicazione funzionale posta a un livello condiviso? Si dispongono in un atteggiamento di negoziazione, attraverso un ascolto empatico e non giudicante che distanzi da imposizioni troppo rigide? Di chi sarà la colpa se le due generazioni si irridono a vicenda e si discriminano gli uni con gli altri ?
Si dice che la modernità e il progresso siano essenziali per l’evoluzione di una collettività, ma, nel corso degli anni, i mutamenti nello stile di vita e, contemporaneamente, una lenta e profonda crisi di valori hanno toccato maggiormente la famiglia, i giovani e la loro reciproca convivenza. Rende la situazione più complessa anche la presenza di un anziano, visto come bersaglio preso di mira da emarginare in asettici gerontocomi anziché considerarlo fonte vitale da cui trarre buoni consigli … Urtano le mille raccomandazioni, le reiterazioni esasperanti di qualche marachella ormai passata, la loro visione anacronistica del mondo, il continuo riferimento agli anni della loro gioventù, il richiamo dei buoni costumi del suo tempo, quando … … bla bla bla … uffa!!! … nonnaaaaaaaaaaa! … eppure … i pranzetti squisiti preparati con tanto amore, le favole raccontate, i giochi, i regali, l’ aiuto per i compiti, il valore della famiglia!!! Sono supereroi con le rughe, tassello fondamentale di quel meraviglioso puzzle chiamato vita … Chi non è stato mai consolato dai propri nonni, sempre pronti a difendere gli odiosi-amati nipotini teneri e insopportabili? Attimi indelebili su cui riflettere … riflettere … riflettere …
Gli adolescenti, è vero, sono prevenuti nei confronti degli anziani e la conflittualità nasce spesso dal bisogno di autonomia del giovane che pretende, giustamente, di rivendicare il diritto di spingersi oltre, verso il nuovo, nelle conoscenze e nelle attività umane; i “vecchietti”, che, magari, a sedici anni già lavoravano per contribuire al mantenimento della famiglia, invece, li stigmatizzano, senza adeguato vaglio critico, come ladri di futuro, superficiali, incoscienti, incapaci di assumersi delle responsabilità. I nonni, ok, hanno in mano un tesoro inestimabile, ma provano a vedere se, al di là del brivido di eterno che essi sanno conservare, ci sia qualcosa di potenzialmente elevato nei giovani e se la saggezza dell’età che tramonta non possa essere coniugata alla leggerezza dell’età che sorge? Cercano, senza frenarne gli impulsi vitali, di penetrare nel loro mondo interiore, di aiutarli a potenziare le attitudini, di creare un clima relazionale in grado di facilitare una crescita sufficientemente armoniosa? Si accorgono di quanto i ragazzi, bisognosi di esempi più che di critiche, brancolino nel buio,” in cerca di una guida che possa stimolarli ad accrescere la fiducia in sé, di qualcuno capace di aiutarli a superare gli ostacoli e col quale identificarsi” (Clizia Sardo, Il processo di identificazione negli adolescenti, Psicolab, sett. 2010)? Sentono il campanello d’allarme di quanti, “pur possedendo tutto, in realtà, sono privi di quel quid di essenziale” (John Fitzgerald Kennedy, Discorso inaugurale, 20 gennaio 1961) utile per inseguire modelli di vita alternativi più funzionali? Percepiscono, nei frequenti gesti di insofferenza, nei silenzi e nell’irascibilità, o nel modo di vestire e di atteggiarsi, o “nel rifiuto di regole arbitrarie che rischiano di pregiudicare in modo drastico gli stili educativi all’interno della microcellula sociale” (Matilde Perriera, Fallibilità e speranza possibile – la chiave della propria anima, Psicolab, novembre 2010), il senso di precarietà per un futuro incerto, di quella riva tanto lontana che li incuriosisce e, al tempo stesso, li spaventa?
Se “ognuno sta solo sul cuore della Terra” (Salvatore Quasimodo, Ed è subito sera, 1936), insabbiato nell’angoscia della “lanterninosofia” (L. Pirandello, Il Fu Mattia Pascal, 1904), recluso nella gabbia del relativismo gnoseologico, perché non tendersi una mano? Per non tradire “la natura stessa dell’essere umano che, essendo dialogica, deve cercare la realizzazione nel suo essere interiore in relazione con altri” (Eric Fromm, Psicanalisi della società contemporanea, 1976), basta ricordare come “l’acqua dei fiumi che si tocca mentre scorre è l’ultima dopo quella che è già sfociata nel mare e la prima di quella che giunge dalla sorgente” (Leonardo Da Vinci, Aforismi, 1510). La società, infatti, è simile a una trincea fortificata, pronta a crollare se non puntellata adeguatamente; “dalle crepe dell’edificio dell’antropocentrismo moderno, con tali presupposti, si escluderà il dis-inter-esse, il rifiuto a entrare in relazione con l’altro, si uscirà dalla prospettiva soffocante dell’individualismo e si entrerà in comunione con la vita in tutte le sue manifestazioni” (Luciano Manicardi, La speranza della salvezza, 1995). “Non tutti gli anziani, del resto, sono brontoloni e inaciditi … non tutto i vini, come non tutti i caratteri, inacidiscono nella vecchiaia … Senectus honesta est, tanto è degna di stima la vecchiaia, “si nemini emancipata est”, se non è assoggettata a nessuno (Cicerone, Cato maior de senectute, 38). La vita non può essere compresa se non nella sua totalità; non è soltanto un fatto biologico, ma un fatto culturale, “non importa quanto essa sia lunga, ma come è recitata” (Lucio Annea Seneca , De br. Vitae, I, 1-4) e, soprattutto, se sia stata spesa per sorreggere disperati SOS, indipendentemente da chi li abbia lanciati, se, in definitiva, ha saputo scorgere “un mondo in un granello di sabbia, o trovare il paradiso in un fiore selvatico, o tenere l’infinito nel palmo della mano e l’eternità in un’ora” (William Blake, Aforismi, 1810) senza ascoltare il toc toc della morte che incalza.
“Si muore veramente, dunque, quando si chiudono gli occhi per l’ultima volta? La vecchiaia distoglie l’uomo dalla vita attiva? … rende smemorati? … toglie le forze rendendo il corpo più debole? … Assolutamente no. L’umanità non conosce vecchiaia. Il passare degli anni non priva l’uomo delle sue gioie; “la persona anziana, infatti, può dedicarsi ancora a tante occupazioni gratificanti e può rendere intensa la sua giornata, sebbene priva dell’agilità e della forza della gioventù“ (Marco Tullio Cicerone, Cato Maior De Senectute, 35 ), perché la vita è il vento, la vita è il mare, la vita è il fuoco … Soltanto chi perde il desiderio di cercare nuovi orizzonti e di sfidarsi per mantenere la propria mente giovane muore. Voler sprofondare nel silenzio il “quod fuit”, pertanto, ignora il principio secondo cui “l’etica non è l’insieme dei comandamenti che limitano la libertà, ma la summa delle regole basilari che impediscono il ritorno alla giungla” (Osvald Splenger, “Tramonto dell’Occidente”, 1922) … “Un paese senza memoria è un paese senza futuro. Lo smarrimento della memoria conduce al disastro. Senza memoria non c’è prospettiva di futuro” (Mario Luzi, Giovani e anziani a confronto, maggio 2010, www.sipontoblog.it). Alla luce di tale ottica, gli ultrasettantenni sono ben felici se potranno rendersi utili, “se potranno impedire a un cuore di spezzarsi, se allevieranno il dolore di una vita o guariranno una pena, o aiuteranno un pettirosso caduto a rientrare nel suo nido …” (Albert Einstein, Aforismi, 1940
I giovani, insomma, camminano più velocemente degli anziani, ma sono gli anziani che conoscono la strada, anche se questi ultimi sono ormai saliti su un treno senza fermate, in un evolversi inesorabile scandito dalla lancetta altisonante del tempo; per realmente crescere, quindi, è necessario rispettare i protagonisti del passato “che non si sono scoraggiati nei giorni pieni di vento, di rabbia, di lacrime, ma hanno cercato la forza di andare avanti nei giorni pieni d’amore” (Emily Dickinson, Aforismi, 1870). Ascoltarli aiuta a costituire una nuova società fondata sul dialogo e sulla condivisione, ad ampliare i propri orizzonti, a dilatare la memoria perchè “le rughe della vecchiaia formano le più belle scritture della vita, quelle sulle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni” (Marc Levy, Aforismi, 1982). Gli errori commessi nel passato, in definitiva, devono servire per elaborare ideali e valori più consoni alle nuove generazioni, ricordando che l’esperienza della storia va confrontata con le esigenze della contemporaneità. “Nessuna civiltà è fiorita su un’isola deserta in mezzo all’oceano e ciascuna di esse ha lasciato qualcosa” (Raffaele Cantarella, Aforismi, 1992) da elaborare per progettare un futuro migliore, per lottare contro il “tempus edax” (Ovidio, Met, XV, 234), cogliere il “carpe diem” (Orazio, Carm. 1, 11, 8), cercare, “al riparo di un albero ombroso, quel ramo che ha d’oro le foglie” (Virgilio, En. VI, 136 e sgg), ispirare il confronto tra generazioni al criterio di reciprocità.
Ecco i diktat per i nuovi giovani, i quali, uomini di oggi e di domani, dovranno “scendere dalla giostrina” (Matilde Perriera, Giada non vuole la giostrina, Psicolab, giugno 2010) e mantener l’antico bagliore “al flessibile stelo” (Virgilio, Ibidem) con atteggiamenti propositivi, con proiezioni in avanti, con l’augurio che, nel bosco sacro, sollevandosi sulle “spalle dei giganti” (Bernardo di Chartres, riportato da Giovanni di Salisbury, Metalogicon III, 4 e citato in Rob Riemen, Prologo a Steiner, 2006), possano alimentare le lucerne ininterrottamente accese nel loro animo con altre ancora più splendenti. “Le piccole menti, insomma, grazie a uno scambio paritario senza giudizi e pregiudizi o al confronto su temi universali, riapprezzeranno le loro radici e comprenderanno che devono rispettare con profonda benevolenza i loro matusa; è con loro che devono relazionarsi, è in loro l’amore incondizionato sempre pronto a donare con affetto, calore, amore” (Matilde Perriera, Fallibilità e speranza possibile, Ibidem).
Il presente, in breve, “è una nota musicale che non significa proprio http:\\/\\/psicolab.neta se non la si collega a ciò che è venuto prima e a ciò che verrà dopo” (Sam Savage, Aforismi, 1960) … Riuscirà l’uomo del futuro a scrivere l’intera melodia?

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Matilde Perriera