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Cinema e Leaders d’Opinione: Katz e Lazarsfeld

Nel 1955 viene pubblicato negli Stati Uniti un libro di grande rilievo per il rinnovamento degli studi sulle comunicazioni di massa. Scritto da Elihu Katz e Paul F. Lazarsfeld, L’influenza personale nelle comunicazioni di massa sposta definitivamente il livello del dibattito dalle teorie degli effetti mediali sui comportamenti, le psicologie e le mentalità, a un nuovo orientamento che riposiziona il ruolo dell’individuo, affrancandolo dalla passività cui lo relegavano le dottrine sociologiche più convenzionali, e privilegia le reti comunicative che i gruppi sociali tessono tra loro per mediare la comunicazione dei dispositivi di massa.
Lazarsfeld avviò negli anni Trenta un fecondo ciclo di ricerche sull’influenza dei mass media nella determinazione degli atteggiamenti e dei modelli culturali. Il suo contributo metodologico alle discipline sociologiche trova un momento di applicazione parallela nel lavoro sui processi decisionali, e in particolare nella ricerca sulle modalità e le dinamiche dell’influenza personale nell’azione dei mezzi di comunicazione di massa. Nell’inchiesta realizzata con Katz, i processi di trasmissione culturale appaiono mediati e diffusi da strutture fortemente connesse all’azione di soggetti che rivestono un ruolo di tipo orientativo nella determinazione delle opinioni.
I mass media, in quest’ottica, smettono di essere astratte entità immanenti al mondo degli uomini e tornano a una più comprensibile e meno metafisica dimensione tecnica di linguaggi largamente frequentati. Il loro flusso viene visto come un’azione indiretta sul corpo degli individui, poiché filtrata da alcune figure presenti nella società, i cosiddetti leaders d’opinione che mediano la comunicazione verso i differenti strati sociali attraverso l’innesto di meccanismi di legittimazione delle informazioni. Questi meccanismi si applicano, per Katz e Lazarsfeld, anche al consumo cinematografico, che essi inseriscono a pieno titolo nel novero dei mezzi di comunicazione di massa.
La ricerca ha luogo in un momento in cui il cinema continua a esprimere un’incidenza molto forte nel quadro complessivo degli equilibri mediali in America, ma già il suo primato nel sistema delle comunicazioni viene eroso dalla concorrenza televisiva.
Attraverso interviste, effettuate su un campione femminile, vengono definite alcune coordinate di rilevamento allineate a fenomeni di frequenza dei comportamenti. Ne emerge una delle più interessanti analisi sociologiche mai prodotte sul medium filmico. Da questa analisi, emerge oggettivamente un’idea di consumo popolare e “generazionale” del medium cinematografico, un consumo in cui i meccanismi di legittimazione della pratica sociale passano attraverso piattaforme interpretative largamente condivise, in cui la scelta è affidata a elementi assai poco casuali ma invece frutto di precise contrattazioni di senso tra apparati e pubblico e leaders d’opinione, anche se il ruolo di questi è relativamente meno incidente che in altri campi della comunicazione (il che può essere ricondotto alla natura fruitiva del medium, insieme rituale e collettiva, ma anche fortemente individuale per la parziale “invisibilità” sociale ed emotiva dello spettatore nel buio della sala).
Il cinema, cioè, continua a sospendersi sul filo sottile teso tra dimensione comunitaria e irriducibilità dell’individuo a essa. Lo scenario teorico diventa, a fronte di un simile approccio, estremamente più complesso.
Il commento riguardante il flusso di influenza nel campo del cinema proposto da Katz e Lazarsfeld è molto chiaro:
 
“E’ evidente che il fatto di andare al cinema costituisce un tema dominante della cultura giovanile americana e che è proprio dai ranghi dei giovani privi di responsabilità familiari che emergono gli influenti in questo campo. Tra le donne (…) vi sono varie leaders tutte caratterizzate di andare più spesso al cinema, di andare a vedere dei film selezionati, di assistere alle proiezioni in compagnia di altre persone , spesso appartenenti anche a gruppi diversi dal proprio.
Come abbiamo visto, l’andare al cinema non è un’attività individuale, ma eminentemente di gruppo. Il flusso dell’influenza in questo campo scorre soprattutto tra i componenti dei gruppi di persone che vanno al cinema insieme, le quali hanno pressappoco la stessa età; ma quando si tratta di consultare un “esperto” nel campo del cinema, allora le persone di tutte le età si rivolgono prevalentemente alle ragazze”. [1]
 
Questa osservazione dell’oggetto cinematografico risente probabilmente del passare del tempo. Non è possibile sostenere, a fronte di una trasformazione globale del consumo dei media, che le pratiche di consumo filmico si sviluppino attraverso le medesime dinamiche. La stessa ricerca sociologica si muove oggi su coordinate diverse, privilegiando metodiche come l’etnografia, che mira a ricostruire biografie di partecipazione ai consumi culturali, un sistema che attiva una più ricca produzione di senso spostata su un piano maggiormente elevato di complessità analitica.[2]
È tuttavia interessante sottolineare che questa ricerca degli anni Cinquanta individua nel cinema un modello di fruizione culturale dotato di caratteri originali, conseguenti alla sua particolare natura e pregnanza sociale.
 
1 Katz-Lazersfeld, L’influenza personale nelle comunicazioni di massa, p.259. Eri, Torino 1968
2 Cfr. Moores, Il consumo dei media,  Il Mulino, Bologna 1998

Claudia Maggini

Claudia Maggini

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