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Mente

Tuffarsi in allegra Libertà

Uno scrigno prezioso ha la combinazione segreta, aprirlo, per farne scoprire gli inestimabili valori, ha un prezzo, talvolta troppo alto per chi lo paga, ma chi ne riceve i vantaggi spirituali e materiali sarà beneficiato per tutta la sua esistenza … Non sarebbe stato peggio se vi fosse stato realmente bisogno delle stampelle … o, al posto di un vestito troppo largo, vi fosse stato solo un paio di pantaloni … o non si fosse mai scoperto il meraviglioso potere attivo sprigionato da un arcobaleno … o non si fosse pregustato il piacere dei sei lunghi giorni da trascorrere prima che il Reverendo facesse tornare l’acido allo stomaco … o non si sapesse gioire per una camera tutta propria seppur angusta … o non si fosse colta la necessità di progettare il futuro mettendo alle spalle rimpianti, progetti irrealizzati, insuccessi ??? …
Questi e altri sono i messaggi che David Swift, nel 1960, affida ad Hayley Mills, Oscar giovanile 1960, assegnato proprio quell’anno per l’ultima volta, per l’interpretazione, e Nomination ai Bafta 1961 come miglior Attrice. Navigando, per 134′ coinvolgenti minuti, sulla scia di “Pollyanna”, un classico della letteratura per ragazzi di Eleanor Hodgman Porter, il regista, supportato dalla Walt Disney, ricorda che manifestare all’’esterno la propria gioia di vivere “è una scelta quotidiana, un’abitudine da integrare nel modo di pensare. Farlo permette di accettare i giorni più duri, nella consapevolezza che anch’’essi racchiudano dei doni” (Bronnie Ware, Vorrei Averlo Fatto, 2012).
Il Segreto di Pollyanna proietta lo spettatore in uno squarcio dell’’avventura esistenziale di una carismatica dodicenne che “s’infrange, come il mare, contro gli scogli e trova sempre la forza di riprovarci” (J. Morrison, Aforismi, 1968).
Il piccolo fiore, con la corolla scossa dal vento gelido che le porta via prima la madre e poi il padre, è costretto a trapiantarsi in un contesto sociale arido in cui domina una forma subdola di democrazia basata sullo strapotere di una donna ancora giovane e bella, ma con il cuore indurito dalla solitudine e dal senso del dovere. Polly Harrington, che, ritiene il cognato responsabile della morte della sorella a causa della vita disagiata e di povertà a cui l’aveva sottoposta nella missione di cui lui era pastore, accetta di mantenere la ragazzina solo per un inderogabile senso del dovere e, sorda alle ragioni del cuore, non va a prenderla alla stazione, fin dall’’arrivo nella villa monumentale non le va incontro per accoglierla amorosamente, la tratta con freddezza, la mortifica per “il vestito scovato in uno dei pacchi inviati in beneficenza”, l’assale con continui “tieni diritte le spalle e le braccia lungo i fianchi” o “lascia stare quello che diceva tuo padre” … L’assolo di “America, the Beautiful”, però, ricercando i dati positivi della realtà, respinge istintivamente l’esistenza di quelli negativi e, aiutata dal congenito ottimismo ereditato dal padre, vanifica i tentativi della zia che, capace di soffocare pure il cinguettio degli uccelli, cerca di demolirle le amabili macchine del tempo cariche di piacevoli ricordi e di spegnerle i carezzevoli sogni.
Supportata dall’’assioma secondo cui la felicità non si raggiunge con l’avere quanto si desideri, ma con l’apprezzare quanto di buono la circondi, non permette che il rumore delle opinioni della rigida “zitella affetta da un male indefinibile” offuschi la sua voce interiore e anhttp:\\/\\/psicolab.neti le pareti tra i suoi simili, dimostrando fattivamente quanto “un percorso personale di pulizia interiore possa contrastare l’isolamento e la disarmonia insiti nella società” (Bronnie Ware, Ibidem). Il sorriso “Duchenne” (Guillaume-Benjamin-Amand Duchenne de Boulogne, Physiologie des mouvements, 1867), quello genuino che viene “da dentro”, e, soprattutto, l’umile coinvolgimento alle sofferenze che sa cogliere con grande intuito e vivace intelligenza, sono raggi di sole che penetrano nell’’anima degli abitanti, infondono nuova linfa nelle vene e, in questo modo, non si accattiva solo i personaggi del libro o del film, ma lo stesso lettore-spettatore, spinto a riflettere sul fatto che la serenità interiore è un sistema immunitario vivace e reattivo più potente di perseveranti ripicche e antichi rancori e che bisogna coltivare nel cuore una vocina-ritornello … “Ha da passa’ ‘a nuttata (Eduardo De Filippo, “Napoli milionaria”, 1945) …
Pollyanna, insomma, con l’impetuoso volo di un gabbiano, si proietta sulla cittadina del New England, partecipa con ardore all’evoluzione della storia d’amore ostacolata dalla zia tra Nancy Furman e George Dodds, smussa le punte più spigolose dei soggetti più difficili, strappa note di apprezzamento alla dolente Angelica, riesce a dare luce agli ossessivi pensieri di morte dell’’ipocondriaca Mrs Snow, fa superare il senso d’isolamento e di separazione a Mr Pendergast, fino a spingere il burbero eremita a partecipare alla fiera e ad adottare Jimmy Bean; alla possidente ricca e influente, ma fredda e molto severa, in particolare, regala una scintilla con cui le schiude le labbra per sorridere, disporsi all’’ascolto, amare e farle pronunziare quel fantastico “permetti che ti voglia bene?”.
Tra gli interpreti, è da segnalare il bravissimo Karl Malden, personaggio veramente dinamico. Succubo dell’’inflessibile Jane Wyman, con le sue apocalittiche prediche domenicali sulla “precarietà della vita, una specie di ombra effimera, fluida, che appare e si dilegua”, o “sulla fragilità dell’’uomo di fronte alla minaccia della morte che piomba senza alcun preavviso, o “sulle vendette del buon Dio che rovescerà un diluvio di fuoco su chi disprezza il Suo amore e calpesta i Suoi benefici”, terrorizza i fedeli, li sgomenta … li tiene in pugno solo un’ora alla settimana ma “spera che l’effetto duri per qualche giorno”.
Grazie all’’incisivo riadattamento del regista, si assiste al processo di maturazione spirituale a cui il Pastore perviene sollecitato dalle profonde riflessioni di Pollyanna che, abituata a “fare da pubblico quando il reverendo Whittier preparava la lectio biblica, ricorda come il padre, pur orgoglioso di servire Dio, si rammaricasse di non riuscire, con i suoi sermoni, a comunicare coi suoi fedeli e come egli abbia cancellato la tristezza dal suo sguardo leggendo un aforisma attribuito, nel film, ad Abramo Lincoln, ma, in effetti, è del principale sceneggiatore … “Quando si va in cerca del male nel genere umano aspettandosi di trovarcelo, senza meno lo si troverà” … Paul Ford, dopo un’intensa notte trascorsa sul Libro sacro, vi ritrova ben 826 passi esultanti e, l’indomani mattina, dal pulpito, di fronte a una inorridita Miss Harrington, cambia registro e inneggia le lodi al Signore; capisce, finalmente, che il mondo appartiene a chi sa assumersi responsabilità, che, “solo sganciandosi da ogni soggezione, si potrà vincere l’egoistica prudenza di chi non sa rischiare” (Oscar Wilde, Aforismi, 1890), che “un essere umano disposto a subire e a farsi comandare non è più degno di essere considerato tale” (Oriana Fallaci, Aforismi, 2001) … la sua catarsi è avvenuta.
L’inguaribile ottimista fa sentire la propria voce anche quando zia Polly, sfruttando l’ingerenza del benessere economico per controllare la città che porta il nome della sua famiglia, impone le sue direttive, proibendo ai cittadini di Harrington di costruire un nuovo orfanotrofio e radere al suolo quello pericolante donato dal padre di lei. Tra i molti che si mostrano riluttanti a fornire il proprio sostegno, la rendono furiosa i pochi che, audacemente, supportati dai propri sogni, decidono di sfidarla e di attivare le proprie ali, armi potenti che insegnano loro a volare oltre l’oceano e li spingono a organizzare una fiera per raccogliere i fondi per la nuova struttura. Il progetto resterebbe ideale astratto senza il postulato apodittico di Pollyanna … “Nessuno è padrone di una chiesa” con il quale si ribadisce l’imprescindibile impegno alla mobilitazione da parte di tutti per il bene comune, si è tutti interconnessi per cui “la libertà al singolare esiste soltanto nelle libertà al plurale” (Benedetto Croce, Aforismi, 1940) e persino il reverendo Ford invita pubblicamente i più ritrosi a prendere parte alla festa …
Poi, in un attimo, la tragedia. Cosa è successo in realtà? L’iperbolico allarmismo del medico fa parlare di lesioni traumatiche della colonna vertebrale, cause principali di paralisi totale permanente degli arti inferiori con gravi disturbi della sensibilità; gli occhiali rosa della giovanissima eroina s’infrangono, il “gioco della felicità” perde vigore, una mano di ghiaccio l’annichilisce, il suo cuore palpita, si schianta nell’’abisso, lo stato di prostrazione lascia quel corpicino bloccato su un letto, inerme davanti alla propria esistenza … ma … il travolgente spumeggiare di Pollyanna avrebbe, per un attimo, fatto distrarre e cadere in una spettacolare “Paperissima” regista e sceneggiatori???!!! … Come è possibile che, dopo un paio di ore, quando l’amico-complice dott. Edmond Chilton prende la bambina in braccio per portarla in macchina, le conseguenze per la caduta dall’’albero sono scomparse, il temuto danno neurologico e i disturbi della sensibilità svaniscono senza nemmeno il ricorso a un collare cervicale o a protocolli farmacologici o a un adeguato periodo di riabilitazione in un centro specializzato, o all’immobilizzazione su una barella rigida per farle affrontare il rischioso viaggio per Baltimora dove sarà sottoposta a indagini radiografiche, tutte precauzioni indispensabili anche in caso di deficit neurologici incompleti o, peggio, di paventate fratture vertebrali asintomatiche? Le gambe sono libere di muoversi, la schiena rotea a 180° gradi, nessuna contrazione muscolare fa impallidire quel visino pochi minuti prima terrorizzato e, addirittura, sul treno, la piccola ondeggia le mani e la schiena salutando gioiosamente quanti l’hanno accompagnata alla stazione per augurarle buona guarigione … “La faccia da quaresima”, così, dura solo poche ore e il piccolo angelo biondo “percepisce la sua situazione negativa come una sfida da sostenere strenuamente” (Martin Seligman, Imparare l’Ottimismo, 1990). Le “iniezioni di fiducia”, le benedizioni e le riconoscenti manifestazioni dei suoi cittadini che le si affollano intorno per portarle consolazione e dimostrarle il loro affetto prima del rischioso tragitto per Baltimora, le torte e i cioccolatini che le offrono, la fedina al dito di Nancy, l’amorevole bacio di Angelica, la materna carezza di Mrs Paul Ford, il pianto soffocato di Tillie Lagerlof, i fiori “non di elemosina ma semplice dono di amico ad amico” di Mr Neely rigenerano “il gioco della felicità” e i prismi colorati tornano a splendere con tutta la loro intensità, mentre gli occhi del lanciafiamme austero e impeccabile, ora supplici, accorati e bagnati di lacrime sincere, hanno dissotterrato la nota giusta per aprire le corde del cuore … “Polly, ormai, fa parte della vita di Nancy, di Angelica, della signora Lagerlof … Sì, l’adolescente ha cercato il bene in tutti loro e, a quanto pare, l’ha trovato” …
“Il segreto di Pollyanna”, al di là di qualche spunto favolistico del “vissero felici e contenti” che mette in dubbio ogni oggettiva riflessione, ha, comunque, una tessitura compatta in cui la distinzione tra nuclei e satelliti, con la netta separazione tra personaggi principali e secondari o sequenze più o meno rappresentative, è impossibile perché ogni attante svolge un ruolo essenziale senza il quale la trama seguirebbe percorsi diversi. Walt Disney, tuttavia, in piena sinergia con David Swift, pur rispettando lo spirito del romanzo della scrittrice di Littleton, rivoluziona la trama del romanzo inserendo scene inventate di sana pianta rispetto per dare un taglio che insiste sulla silente necessità di ribellarsi alle convenzioni. Questa, però, non è una novità perché anche nel “Pinocchio” del 1940, per esempio, il cineasta statunitense (1901-1966) parafrasa il testo di Carlo Lorenzini e, “nel presentare il notissimo personaggio di finzione umanizzato sempre in contrasto con l’istanza superegoica del petulante Cri-cri, dà l’incipit alla rilettura della stupenda creatura esuberante che trova la sua chiusa nella sua capacità di dire BASTA all’’imposizione passiva di norme, regole, precetti sterili; la priorità massima, pure in questo caso, deve essere quella di eliminare i metodi coercitivi, allargare gli orizzonti, favorire l’insorgere spontaneo degli interessi, agevolare la formazione di una mentalità aperta al confronto dialettico, far nascere il desiderio spontaneo di accettare i dicktat per intima convinzione, senza, però, rinnegare le mirabolanti peripezie della naturale espansività perché, in un uomo, le virtù veramente portanti sono il vigore del pensiero e la libertà di utilizzarlo” (Matilde Perriera e Fabiana Berizia, Ciuchini o menti geniali?, www.nove.firenze.it, 07/7/2011).
La psicologia cognitiva, prendendo spunto da libro e film, però, stronca il ruolo tacitamente assunto dal turbine di magma incandescente etichettandolo come “sindrome di Pollyanna“. Tale disturbo consiste nel “percepire, ricordare e comunicare in modo selettivo soltanto gli aspetti positivi delle situazioni, ignorando quelli negativi o problematici e lasciando la credenza finale di vivere nella terra come un Eden” (Luigi Anolli, L’ottimismo, 2005). La protagonista del 1913, di cui si conoscono almeno 50 riedizioni che hanno dato dignità e spessore a quell’’approccio all’esistenza noto come ottimismo, tuttavia, è andata in scena in due opere che riportano lo stesso titolo, la prima a Broadway, nel 1916, con Patricia Collinge, in una versione teatrale recitata ben 112 volte, adattata e scritta per il palcoscenico dalla commediografa Catherine Chisholm Cushing, e la seconda, nel 1920, con Mary Pickford, in un film diretto da Paul Powell; dopo la presente interpretazione del 1960 intitolata “Il segreto di Pollyanna”, il personaggio continua a intessere la sua storia immortale con due versioni inedite in Italia, “The Adventures of Pollyanna” del 1982 e “Pollyanna” del 2003, né si può ignorare il grande successo di “Ai Shojo Pollyanna Monogatari”, la serie animata giapponese di 51 episodi prodotta dalla Nippon Animation andata in onda fra il 12 gennaio e il 28 dicembre 1986 su Fuji TV. In Italia la serie è stata trasmessa per la prima volta sulla rete Italia 1 nel 1987 e, ancora oggi, tante generazioni canticchiano “Pollyaaaaanna … Pollyaaanna … Pollyaaanna … Pollyanna …”, mentre, in sordina, le parole di Cristina D’Avena riportano indietro nel tempo e, contemporaneamente, proiettano al futuro spingendo a cercare, “in ogni viso nascosto un sorriso che, con la sua dolcezza, regala tenerezza, apre il cuore, risveglia il buon umore, dà serenità e fa risplendere l’arcobaleno” …
Come spiegare il sintagma di “ottimismo idiota” di fronte a tanta notorietà? Perché una così recisa e aprioristica condanna verso chi cerca di eludere il disperato bisogno di affetto, amore, solidarietà che avverte nel profondo del cuore se, a sostegno del potere benefico della risata, sono stati effettuati numerosi studi clinici che hanno dimostrato come un atteggiamento ottimistico aiuti a superare le difficoltà e persino diverse malattie? Dagli anni Ottanta del Novecento, a New York, la gelotologia, il cui termine, derivato dal greco “ghèlos” e “logos”, richiama le potenzialità terapeutiche di tale materia specifica della scienza che limita la necessità di antidepressivi, riduce l’ansia, provoca la secrezione di beta-endorfine e catecolamine, analgesici naturali apportatori di sensazioni di benessere. Notissima è l’odissea del giornalista Norman Cousins (1915-1990) che, ammalatosi di spondilite anchilosante a seguito di un’infiammazione cronica alla colonna vertebrale, con una prospettiva di vita piuttosto limitata e una guarigione considerata impossibile in un solo anno, ha, addirittura, stimolato notevolmente le ricerche nel campo della psiconeuroendocrinoimmunologia.
Altrettanto affascinanti le esperienze del Dott. Hunter Patch Adams (Hunter Doherty “Patch” Adams, creatore del Gesundheit! Institute, l’Istituto della Salute nelle montagne del West Virginia, 1983), che, nella sua clinica, ha curato gratuitamente più di 15.000 persone e aperto la strada a molte regioni italiane, “ormai fiduciose in una pratica ritenuta valore aggiunto nel Sistema Sanitario”. Si potrebbe ancora continuare con le prove a favore delle nuove strategie, la cui eco si risente in “Patch Adams”, Golden Globe 1999 a Robin Williams come migliore attore, o in personaggi letterari di grande notorietà e, nella fattispecie, in Biribì, l’adolescente che, in “200 giorni” (Lucia Collerone, maggio 2012), reinterpretando il principio secondo cui “la buona salute è una questione di risate, applicando la risoterapia, allontana dalle sofferenze, per un paio di ore, i tanti bambini con occhiaie blu, capelli rasati, corpicini smunti e fa diventare più luminosa la luce in fondo al loro tunnel” (Matilde Perriera e Clizia Sardo, La Goccia Scava la Roccia, Psicolab, 21/11/2012).
Perché, allora, non prendere esempio da chi, come Pollyanna, anche rischiando un’imprevista immobilità permanente, esercita, sulla salute della popolazione, “un’influenza benefica superiore a quella di venti asini carichi di medicinali” (Thomas Sydenham, 1624-1689) cogliendo ogni occasione come stimolo funzionale per mettere in azione la sua poliedrica personalità attraverso cui insegnare a oltrepassare il filo spinato dell’’incomprensione, rendere meno buie le tenebre dell’’emarginazione, dimostrare la funzione apotropaica del confronto attivo che implica la capacità virtuale di trasformare la vita “in una meravigliosa occasione fugace da acciuffare al volo tuffandosi dentro in allegra libertà” (Dario Fo, Aforismi, 1998)?

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Matilde Perriera