“Come siamo e come vorremmo essere”: il rapporto tra questi due aspetti viene definito “autostima”, specie se a questo rapporto si aggiunge un giudizio. Invecchiando noi donne tendiamo ad accumulare peso – recita una presentazione che gira con successo sul web – ciò accade perché accumuliamo un sacco di informazioni, così tante che non entrano più nella mente. Perciò la prossima volta che vi guardate allo specchio non dite “Quanto sono grassa” ma “Quanto sono colta!!!”.
Aldilà che questo possa essere l’esempio di un buon approccio nel giudizio verso se stessi, autostima è un termine che si sente più spesso riferito all’universo femminile che a quello maschile. Non mi addentro nella sequela dei possibili perché che ne verrebbero fuori, per non entrare in discorsi che potrebbero essere facilmente tacciati come femministi o sessisti o chissacché e soprattutto poiché l’obiettivo qui è raccontare un’esperienza.
L’esperienza è quella di aver realizzato un corso “Autostima femminile” a cui hanno partecipato donne delle più diverse età (dai 14 ai 74 anni), con storie e motivazioni anche molto diverse. Dalla giovane mamma che riesce a trovare un po’ di tempo per se stessa alla libera professionista di successo in cerca di nuova ispirazione, dalla studentessa che sta progettando il proprio avvenire alla signora più anziana che ha ancora voglia di scoprirsi e migliorarsi.
Il sottotitolo del corso era “una giornata per riscoprire le proprie potenzialità” e prometteva di far ritrovare l’energia e la motivazione per il proprio sviluppo personale e professionale, attraverso un percorso con una parte di formazione esperienziale outdoor sul campo da rugby e una parte in aula di coaching e lavoro su stesse. Aldilà delle promesse di energia se ne è scatenata tanta in questa giornata che trovate documentata qui: Donne, Autostima, Emozioni.
Perché donne e rugby? Intanto perché l’accostamento genera curiosità. Lo dimostrano le televisioni e i giornali che hanno seguito l’evento e sono venuti direttamente in campo a constatare la cosa. Un contrasto apparente in realtà e voluto dal punto di vista formativo per innescare il cambiamento.
Quand’è che impari meglio? Standotene una giornata seduta a sentire degli “esperti” esporre teorie sull’autostima o cozzando con un’esperienza che non immaginavi sarebbe andata così, sperimentando sulla tua pelle qualcosa di forte, scoprendo che quando sei in ballo sei capace di andare oltre le tue più rosee (o tenebrose) aspettative? Semplificando si basa su questo il grande perché della formazione esperienziale e di molte metodologie di coaching. Anche in questo caso infatti non si teorizza il da farsi ma si stimola la persona toccando le corde giuste, attraverso domande e metodi vari.
Affinché vi sia almeno la possibilità di innescare un cambiamento bisogna che ci sia un shock: in questo caso la maggior parte delle partecipanti non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi a placcare dei veri giocatori di Rugby di serie A, di rotolarsi nel fango o essere alzata in touche per prendere una palla, di sbucciarsi, farsi qualche livido e nonostante tutto ributtarsi nella mischia.
Organizzando da tempo progetti formativi con il rugby, conosciamo bene la forza di questo sport, il suo essere una grande metafora di vita, specie per i team con i concetti di sostegno, fiducia, rispetto, leadership… ma non lo avevamo mai utilizzato unicamente per lo sviluppo individuale. La capacità di coinvolgimento del rugby non ci ha tradito neanche stavolta, grazie in particolare ai trainers e ai giocatori che ci hanno assistito in campo. Tanto però è stato fatto anche da parte delle partecipanti, che hanno accettato la sfida e hanno saputo mettersi in gioco fino alla fine.
Ogni volta che questo accade, cioè che i partecipanti si affidano completamente a te, si donano in un certo senso, accade un piccolo miracolo: che è anche la condizione essenziale affinché il processo formativo vada a buon fine.
Il salto in definitiva lo fanno loro: se come donna hai imparato a giocare a rugby, uno sport difficile e per uomini duri, in un paio di ore… sai quante altre cose puoi fare che non immagini ancora? Questo non significa che per aumentare la propria autostima si debbano fare cose da uomini… l’importante è essersi misurate su proprie potenzialità prima non considerate. Questo è il primo passo per trovarne altre, ancora inespresse, per realizzare tutto ciò che si desidera dalla vita, per diminuire sempre di più quel rapporto tra “come mi vedo ora e come vorrei essere”.
Certo che non bastano due ore sul campo da rugby e un pomeriggio di coaching per fare tutto questo ma intanto la miccia è innescata…