Le recenti ricerche in ambito dei disturbi del calcolo, prendono a riferimento i modelli neuropsicologici di elaborazione della conoscenza numerica e del calcolo che la letteratura ha sviluppato prevalentemente studiando soggetti adulti. Secondo il modello neuropsicologico modulare di McCloskey e colleghi, le competenza di elaborazione numerica dipendono da componenti cognitive diverse quali la comprensione, la produzione e il calcolo. In particolare, la rappresentazione mentale della conoscenza numerica risulta essere indipendente da altri sistemi cognitivi e strutturata in tre moduli distinti per funzioni:
- sistema di comprensione, trasforma la struttura superficiale dei numeri in una rappresentazione astratta di quantità;
- sistema del calcolo, assume tale rappresentazione come input, la manipola attraverso i segni delle operazioni, i fatti aritmetici e le procedure di calcolo;
- meccanismi di produzione, output del sistema di calcolo, risposte numeriche.
Dunque nella produzione e nella comprensione dei numeri intervengono meccanismi lessicali (elaborazione delle singolo cifre del numero) e sintattici (elaborazione dei rapporti fra le cifre costituenti il numero) indipendenti.
I modelli cognitivi e neuropsicologici si propongono di identificare l’architettura generale del sistema di elaborazione del numero e del calcolo descrivendo un sistema complesso in cui la disfunzione di alcune parti si traduce in specifiche difficoltà di calcolo.
Le difficoltà di calcolo possono essere sinteticamente differenziate in disturbi di base, relativi alla conoscenza numerica, e disturbi relativi al calcolo. I disturbi di base evidenziano difficoltà di comprensione e produzione e si associano a errori fondamentali (lessicali e semantici); i disturbi di calcolo riguardano invece le procedure; la Temple (1991; 1997) ha descritto tre tipi di discalculia evolutiva inquadrabili nel modello di McCloskey:
- dislessia per le cifre: si caratterizza per le difficoltà nell’acquisire i processi lessicali sia in comprensione del numero che in produzione del calcolo. I bambini che presentano questo tipo di disturbo mantengono intatta l’elaborazione sintattica, mentre è compromessa l’elaborazione lessicale (questi bambini possono effettuare errori di lettura tipo 34=sessantasei) Evidentemente dunque, il lessico dei numeri è cosa autonoma rispetto al linguaggio; i meccanismi di elaborazione lessicale sono indipendenti dai meccanismi di elaborazione sintattica; l’accesso lessicale è influenzato dalla posizione; i “teens” costituiscono una classe lessicale distinta.
- discalculia procedurale: si caratterizza per difficoltà nell’acquisizione delle procedure e degli algoritmi implicati nel sistema di calcolo (errori di riporto, di incolonnamento …). La conoscenza procedurale risulta quindi essere distinta dall’elaborazione numerica e dalla conoscenza dei fatti numerici.
- discalculia per i fatti aritmetici: si caratterizza per una difficoltà nell’acquisizione dei fatti numerici entro il sistema del calcolo; errori caratteristici sono quelli di “confine”, dati dall’inappropriata attivazione di altre tabellone confinanti, e quelli di “slittamento”, in cui una cifra è corretta e l’altra sbagliata.
Bisogna dire comunque che ad oggi non esiste una modalità condivisa per analizzare le tipologie e le cause delle difficoltà connesse ai disturbi di calcolo, ma è possibile individuare in letteratura classificazioni comuni degli errori e ricostruire possibili cause e concause per una corretta analisi necessaria sia in fase diagnostica che riabilitativa.
Lucangeli e Tressoldi (2001) propongono un’analisi in cui gli errori nel sistema di calcolo sono attribuiti a diverse difficoltà e disturbi, e divisi in:
- errori procedurali e di applicazione di strategie. Si tratta di errori o di operazioni non adeguate di soggetti che pur avendo appreso procedure facilitanti, ancora si aiutano con procedure immature che portano ad una risposta sbagliata e se portano ad una risposta corretta lo fanno con costi cognitivi eccessivi in quanto la memoria può sovraccaricarsi di informazioni che potrebbero essere sintetizzate dalle regole facilitanti. In particolare si possono trovare difficoltà nella scelta delle cose da fare prima per affrontare un’operazione; nella sequenza procedurale da seguire e nel suo mantenimento fino a operazione completata; nell’applicazione di regole di prestito e riporto; nel passaggio ad una nuova operazione; nella progettazione e nella verifica.
- errori nel recupero di fatti aritmetici. Il primo passo da fare per intervenire con un trattamento mirato, è un’analisi qualitativa del possibile disturbo. Qualora si riscontri una difficoltà di memoria a lungo termine, imporre un apprendimento “a memoria” ha poco significato, può invece essere d’aiuto il conteggio in avanti e indietro che sostituirà i processi di accesso diretto; appare realistica la possibilità di imparare le tabelline di 1, 2 e 10 ottenendo di poter risalire ai fatti numerici generalizzando i risultati, come negli esempi che seguono (Lucangeli, 1999): 4 x 3 = (2 x 2) + (2 x 2) + (2 x 2); oppure 5 x 8 = (5 x 10) – (5 x 2). Se la difficoltà concerne la memoria di lavoro, il primo obiettivo deve essere quello di non sovraccaricarla, dunque i risultati intermedi possono essere scritti o si può usare un supporto concreto per rappresentare gli operatori, per aiutare la scomposizione e procedere gradualmente. I modelli che meglio spiegano gli errori di recupero di fatti numerici dalla memoria a lungo termine sono quelli “a rete”. Secondo Ashcraft (1992) i fatti aritmetici semplici sono rappresentati in memoria in una rete organizzata di informazioni che vengono recuperate con un processo di attivazione che si diffonde. Nella rete ogni associazione tra un compito aritmetico e la sua risposta è rappresentata in termini di forza o grado di accessibilità; la forza con cui i nodi sono immagazzinati e interconnessi è funzione della frequenza di presentazione e dell’esercizio, soprattutto nelle prime fasi di apprendimento. Dunque gli errori di recupero possono dipendere da associazioni errate tra compito aritmetico e specifica risposta. Secondo Siegler questi errori possono derivare dall’immagazzinamento degli stessi, la loro memorizzazione viene rafforzata ogni volta che si produce la risposta, anche se essa è errata; il recupero del risultato sarà coerente con la sua memorizzazione.
- Errori dovuti a difficoltà visuo-spaziali. L’abilità visuospaziale ha un ruolo rilevante nella risoluzione dei calcoli, una difficoltà a rilevare il dettaglio visivo può compromettere il riconoscimento dei segni di operazione (Rourke e Strang, 1983). Anche la rappresentazione della quantità, la linea ei numeri, l’uso corretto delle dita della mano, la percezione del valore posizionale del numero, l’incolonnamento, l’organizzazione spaziale degli elementi dell’operazione possono risentire di problemi di questo tipo. Dunque la difficoltà riguarda soprattutto la scrittura delle operazioni non coinvolgendo in ugual misura il calcolo orale.
Nella valutazione di un disturbo di calcolo può essere utile distinguere fra accuratezza e velocità; l’accuratezza ci dice quale è il grado di conoscenza del dominio, la rapidità ci dice invece quanto tale conoscenza è stata automatizzata. Un bambino molto lento nell’eseguire un calcolo incontrerà grossi problemi, così come un bambino molto veloce ma non corretto.
Dunque sembra che l’apprendimento del calcolo aritmetico richieda una serie di sotto abilità sia specifiche che trasversali a più competenze; l’individuazione di difficoltà nelle diverse competenze coinvolte permetterà di giungere a una diagnosi che offrirà anche un profilo funzionale tale da fornire indicazioni utili per il trattamento del disturbo.