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Si inizia con la fine di Virginia Woolf, dalla lettera d´addio per il marito: “Carissimo.. comincio a sentire le voci.. non riesco a concentrarmi.. quindi (siccome scrivere è la mia vita) faccio quella che mi sembra la cosa migliore da fare..”. La mano di Virginia trema con la penna tra le dite..

Di immagine in immagine si scopre che questo film (tutto al femminile) consiste nella storia di tre donne che hanno in qualche modo a che fare con il romanzo di Virginia Woolf “Mrs. Dalloway” (1925): 1) la storia di Virginia Woolf che scrive il suddetto romanzo; 2) la storia di Laura Brown (una lettrice del romanzo); 3) la storia di Clarissa Vaughan, una “Mrs. Dalloway” dei giorni nostri.

Tre donne in tre epoche diverse e un giorno che cambia radicalmente la loro vita. Scorrono le immagini sull´inizio della giornata. Le tre donne sono – nella realtà – tre bravissime (e bellissime) attrici: la Woolf è un´eccellente quanto irriconoscibile Nicole Kidman; Laura Brown è un´ottima Julienne Moore e Clarissa Vaughan l´intramontabile Meryl Streep.

La colonna sonora e le espressioni delle tre donne trasmettono egregiamente l´inquietudine di un pericolo imminente. Sono normalissime scene di vita quotidiana che si alternano, ma lo spettatore attento non potrà non cogliere questo clima ansiogeno.

La pellicola offre paralleli continui tra le tre storie: il compleanno di Dan (il marito di Laura), la festa organizzata da Clarissa e la “frase di inizio” (del romanzo) di Virginia sono solo i primi eventi che caratterizzano il film diretto da Stephen Daldry.

Laura è una donna infelice che progetta di preparare – insieme al figlioletto Richard – una torta per il compleanno del marito Dan: insieme alla torta però le viene di programmare anche il suicidio suo e della creatura che ha in sé (è incinta)! Virginia sta scrivendo una frase del suo romanzo: “l´intera vita di una donna in un giorno.. un solo giorno.. e in quel giorno tutta la sua vita”.

“Signora Dalloway!” esclama un ironico Richard-adulto (e malato di AIDS), accogliendo Clarissa, che negli anni si è occupata di lui. “Signora Dalloway.. dai sempre feste per coprire il silenzio!”: Richard è il poeta/scrittore maledetto; è invischiante ma affascina perché ciò che dice ha la forza delle consapevolezza e della verità.

Clarissa sente che c´è qualcosa nell´aria che non va, ma cerca di minimizzare. Richard dice di sentirsi un fallito: voleva fare lo scrittore autentico, mentre adesso ha la sensazione di essere stato premiato per il fatto che ha l´AIDS e non per la qualità della sua opera. “Vieni vicino per favore.. prendimi la mano (…) per chi è questa festa (Clarissa)? (…) Sento di rimanere vivo solo per fare contenta te..”.

Ma Clarissa non accetta le parole di Richard, il quale, con il suo stile, ci ricorda la personalità forte dell´altra “malata” del film: Virginia Woolf. Altro che malati! Sembrano invece due cavalli di razza Richard e Virginia! Due personaggi cui la sofferenza sembra aver conferito una particolare incandescenza (da cui la comune sorte? Che il loro suicidio non sia una edizione del suicidio rituale che compiono i realizzati nel Buddhismo tradizionale?).

Clarissa cerca di difendersi come può dalle bordate di Richard. Sta quasi per capitolare quando esce/fugge dall´appartamento di Richard con un “torno a prenderti alle 3:30!” strozzato in gola.

Si torna su Virginia e sulla relazione tra lei e il marito. Virginia esce per una passeggiata e Leonard alimenta in lei dei sensi di colpa.. Virginia è assorbita dal romanzo sul quale sta lavorando ed utilizza la passeggiata per riflettere sulla sorte della protagonista. Attraverso la scelta di far morire o meno la protagonista del suo romanzo cerca forse di sublimare il suo istinto di morte?

Clarissa: “perché va tutto storto?”. Anche la torta che Laura ha preparato insieme al Richard-bimbo non è venuta bene e questo crea in lei un´angoscia eccessiva, se si considera l´evento in se stesso (è ovvio che la donna è irrequieta per altri motivi..).

Arriva l´amica di Laura (Kitty), la quale è in apprensione per un intervento che deve subire. Dopo i convenevoli, tra le due donne avvengono dei poderosi scambi emotivi, che giungono all´apice nel momento in cui Laura (visibilmente innamorata) da un bacio a Kitty. “Sei dolce” commenta Kitty, ma rimuove subito dopo e se ne va come http:\\/\\/psicolab.neta fosse accaduto..

Le immagini si spostano sull´arrivo della sorella di Virginia (Vanessa) e dei suoi tre figli, Angelica, Quentin e Julian. Delicato è il dialogo sulla morte tra Virginia e la piccola Angelica: “quando si muore che cosa succede?”. “Quando si muore si torna nel posto da dove si è venuti” risponde Virginia. La bambina continua candidamente: “mi sono dimenticata da dove sono venuta!”.

Intanto la madre di Richard è disperata: è sul letto e ha lo sguardo fisso nel vuoto. Poi si alza e prende con se molte confezioni di pillole. Tutti quanti stanno preparando quacosa: anche Clarissa, che sta preparando il cibo per la festa di Richard (suona il campanello: è Lewis l´ex-fidanzato di Richard).

Clarissa cerca di tenersi su, di accogliere “perfettamente” Lewis, ma non ce la fa: il corpo la tradisce in molti modi. Dice a Lewis di avere come un presentimento nefasto: “non so cosa mi succede.. è davvero scortese da parte mia! (1)”. Il corpo di Clarissa vuole esprimere il dolore e stavolta la donna non riesce a controllare le sue emozioni: “sono di un umore un poco strano.. come se mi stessi sgretolando..”.

Probabilmente il dolore l´aveva spinta dinnanzi a quel gioco di specchi che prendendosi cura di Richard aveva potuto evitare di guardare finora. I condizionamenti subiti impediscono a Clarissa di esprimere le sue emozioni senza sentirsi in qualche modo cattiva o incapace (dimostra un certo disagio a livello emotivo: chiede a Lewis di restare, ma anche di non essere abbracciata..).

“Lewis spiegami perché sono crollata in questa maniera!”. Clarissa chiede a Lewis spiegazioni sui comportamenti che lei stessa agisce! La donna non ha un dialogo sufficientemente buono con se stessa: probabilmente anche Clarissa sarebbe rimasta sotto lo tsunami del 2004 insieme agli altri occidentali (e occidentalizzati) drogati di raziocinio, senza più istinti e intuizioni (2).

Si torna da Richard-bambino, che la madre sta accompagnando dalla baby-sitter. Il legame psicologico tra Richard e la madre (evidentemente più forte di quello tra Clarissa e se stessa!) consente invece al bimbo di comprendere molto bene lo stato d´animo della donna, compreso il progetto di togliersi la vita.

Questa partecipazione lo condanna a vivere l´evento traumatico di assistere alla fuga dalla vita della madre senza poterci fare assolutamente niente (vedi condizione di impotenza).

Laura è disperata. Guida l´auto distrattamente fino ad un albergo, prende una stanza e chiede di non essere disturbata. Tira fuori tutte quante le pillole e si prepara al lungo viaggio. All´ultimo momento non riesce però ad uccidere se stessa e la creatura che porta in grembo (vince l´istinto di sopravvivenza?).

Intanto Vanessa sta tornando a Londra coi figli e si trattiene qualche minuto a parlare con Virginia, che la bacia sulla bocca come a dire “ti prego, accettami.. accetta anche la mia pazzia!”. Invece le parole giungono soltanto ad un rabbioso “Vanessa non ti sembra che io stia meglio?”.

La sorella è imbarazzata e se ne va sconvolta, lasciando sulla scena la bravissima Nicole Kidman, capace di incarnare una Virginia Woolf tesa, che esprime disagio con tutto il suo corpo.

Le scene si alternano di nuovo e adesso vediamo Virginia che fugge via. Leonard si accorge dell´assenza della moglie e inizia a cercarla. La trova alla stazione dei treni e si arrabbia molto: “meglio tornare a casa” (il marito teme una nuova crisi). Virginia: “accetto questo mio ritiro.. accetto questa mia prigione..” (non vuole più vivere in periferia).

“Si prendono cura di me dei dottori.. sono dovunque.. che mi comunicano cosa è meglio nel mio interesse”. Leonard incalza: “loro sanno cosa è nel tuo interesse!”. “No, non è vero.. non possono sapere cos´è il mio interesse!”. E su questo punto il dibattito in psicologia è particolarmente vivo (3).

“Tu hai dei trascorsi (Virginia).. Sei stata ricoverata per dei vuoti mentali, sbalzi d´umore.. Sentivi le voci! Hai tentato due volte il suicidio..”. Curioso il fatto che la tipografia di Leonard e di Virginia sia stata una delle prime a stampare i libri di Sigmund Freud..

Virginia vuole tornare in città. Sembra aver compreso in profondità che la scelta di abbandonare la città per “trovare la pace” in periferia non abbia funzionato (la sofferenza di Virginia non è cessata col trasferimento). Il disagio psichico – solo chi lo ha vissuto in prima persona lo può comprendere davvero – può infatti trasformare ogni luogo in un non-luogo (la sofferenza non è un abito che si può togliere a proprio piacimento!).

Esiste davvero in questo pianeta un posto nel quale basta recarsi per trovare automaticamente la pace? Esiste davvero una “Terra Santa”, una “Terra promessa” oppure ci stiamo già camminando sopra e non ce ne rendiamo conto?

“Io sola conosco la mia condizione!”(Virginia cerca di affermare se stessa dopo che il marito la invade con le sue interpretazioni su cosa dicano o non dicano “le voci” della donna).

Per Virginia tornare a Londra è una scelta tra vivere e morire. Leonard accetta la scelta di tornare a Londra; Virginia con un “non si può trovare la pace sottraendosi alla vita” dimostra di aver fatto più di un passo nel percorso della consapevolezza e quindi della salute..

Laura Brown intanto è tornata dal figlioletto Richard, il quale le fa capire di aver compreso tutto quanto alla perfezione.. La madre cerca di rassicurarlo (“ti voglio bene tesoro.. sei il mio ometto!”), ma Richard, dopo aver sorriso alla madre, si volta e si fa triste, con lo sguardo perso nel vuoto.. (4)

Adesso siamo sul Richard-adulto, che mentre ricorda l´evento traumatico di quella volta che sua madre aveva progettato di togliersi la vita e di averla vista andar via senza poterci fare niente (una specie di pre-abbandono) ha la stessa espressione persa nel vuoto del Richard-bambino (una lacrima scende sul volto sfigurato dalla malattia).

Clarissa, probabilmente per l´angoscia che prova, arriva da Richard in anticipo e lo trova su di giri: “avevo bisogno di luce.. così ho avuto l´intuizione geniale di prendere lo Xanax e il Ritalin.. insieme!”. Una grande intuizione! “Ho sentito il bisogno di fare entrare (nella mia vita) un po´ di luce!” ripete quasi gridando e sgombrando dalla finestra le cose che gli impediscono di accedervi.

“Non verrò alla tua festa Mrs. Dalloway! (…) dovrei poi affrontare le ore..”. “Senti le voci?” domanda una Clarissa allarmata dall´atmosfera. Richard risponde con un intenso “non sono le voci che sento.. sento te.. (…) ma adesso devi lasciarmi andare!”. Ancora alcune parole d´amore per la sua Clarissa e poi Richard si lascia cadere sul marciapiede, uscendo quasi contemporaneamente sia dalla finestra che dalla vita.

Si torna nel 1951, al compleanno di Dan (il padre di Richard) che a cena con la famiglia dimostra competenze emotive di gran lunga inferiori rispetto alle sensibilità della madre di Richard. “E´ tutto perfetto!” esclama Dan (non si è accorto assolutamente dello stato d´animo della moglie!).

Adesso sullo schermo si vede Leonard che chiede a Virginia: “perché deve morire qualcuno nel tuo libro? Perché?”. Visti i precedenti, Leonard è preoccupato dall´argomento e cerca conforto nella moglie, che in questa scena dimostra superiorità intellettuali..

Virginia risponde che non è una domanda stupida e aggiunge che “la morte di qualcuno da agli altri la possibilità di apprezzare la vita.. è il contrasto!”. A questo punto il marito è allarmato: “e chi deve morire? Dimmelo!”. Virginia copre ma non troppo: “il poeta deve morire.. il visionario!”

Intanto nel 2001 Laura Brown suona al campanello di Clarissa: ha preso il primo volo da Toronto per partecipare al funerale di Richard. Quel giorno Laura Brown decise di non uccidersi: avrebbe partorito la sorella di Richard e se ne sarebbe andata via altrove (abbandonando la famiglia).

“E´ terribile sopravvivere alla propria famiglia..” afferma la donna ormai anziana: Dan nel frattempo è morto di cancro e anche la sorella di Richard ha lasciato questo mondo. “(Lasciare la propria famiglia) è la cosa peggiore che una madre possa fare..” continua una donna segnata in volto e probabilmente lavorata dalla sofferenza.

A Clarissa diviene tutto chiaro quando Laura afferma: “ci sono momenti in cui ti senti vuota e ti convinci che vuoi farla finita.. (…) Rimorsi? Che senso può avere provare rimorso di qualcosa quando uno non ha scelta? (…) Quanto si riesce a sopportare?”. Laura Brown non aveva trovato altra soluzione che andarsene: tra la vita e la morte aveva scelto scelto la vita.. Come biasimarla?

Come afferma Vasco Rossi in un suo pezzo: “buoni o cattivi non è la fine (…) prima c´è il giusto o sbagliato da sopportare”. Giudicare è una pratica che distrugge la vita di chi giudica e di chi è giudicato. Meglio sarebbe praticare il “sano discernimento”! Accettare autenticamente le scelte altrui è certamente fonte di salute sia sul piano psichico che fisico.

Il film termina con il suicidio di Virginia Woolf che all´inizio della pellicola era stato solo accennato. Non sembra che la fine di un giorno, di una vita, di un ciclo: “Caro Leonard.. guardare la vita in faccia.. sempre.. guardare la vita in faccia, riconoscerla per quello che è.. al fine conoscerla, amarla per quello che è.. e poi metterla da parte..”.

Probabilmente anche Virginia, come Laura, sentiva di non avere altra scelta..

Alessandro Gambugiati

Alessandro Gambugiati

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